giovedì 24 dicembre 2009

Lettera di un malcapitato giornalista a bordo di un intercity tra Milano e Pavia

Gentile direttore, nel gran caos di questi giorni sul fronte treni, penso possa essere interessante considerare anche quanto avvenuto ieri sera (Martedì 22) lungo la linea Milano-Genova, a causa della neve e del ghiaccio che hanno paralizzato di fatto l'intera tratta ferroviaria. Faccio anch'io il giornalista e mi reco ogni giorno a Milano per lavoro, nella sede di RadioMonteCarlo, a poca distanza dalla Stazione Centrale. E come tutti i pendolari sono costretto a sopportare il malfunzionamento dei treni garantiti (o meno) da Trenitalia. E poco cambia se prendo un intercity o un regionale, il problema rimane. Ma ieri sera penso che si sia superato il limite.
 
Ho condotto l'ultima edizione delle news delle 21 (dove tra l'altro ho dato notizie del gelo con ritardi dei treni e gli incidenti lungo la A 7 Milano-Genova al confine tra Liguria e Piemonte) e mi sono augurato, uscendo dalla sede: "Speriamo che tutto fili liscio e non succeda come stamane,
quando ho trascorso due ore e mezza per raggiungere Milano da Voghera, con un treno proveniente dalla Liguria e arrivato con ben 5 ore di ritardo a destinazione".
 
Invece la legge di Murphy ha colpito ancora.
 
Sono le 21,15, salgo su un Intercity Plus delle 19, quindi già in ritardo di ben 2 ore e 15 minuti, ma è il primo disponibile. Appena lasciata Milano Centrale, dopo un chilometro, il treno si ferma e trascorriamo una decina di minuti ad attendere l'arrivo di un controllore.
Spunta all'improvviso e, in un italiano stentato, ci avvisa che abbiamo problemi al locomotore a causa del gelo ma che di lì a poco tutto si sarebbe risolto. Purtroppo non è così, perché tra Lambrate e Rogoredo le soste aumentano ma il controllore ripassa e ci "ritranquillizza": "Guardate che il problema si fa più serio, abbiamo davanti anche due treni che sono nella nostra stessa situazione e purtroppo non possiamo fare altro che attendere". Altri minuti che sembrano non trascorrere mai e lentamente ripartiamo.
Ma prima di Certosa il locomotore tira l'ultimo flebile respiro. Ripassa il controllore e, cercando di essere ironico di fronte a viaggiatori al limite tra l'esausto e l'imbufalito, avvisa: "Voglio essere sincero con voi, qui ne avremo per delle ore".
 
Apriti cielo, già sei carrozze dietro di noi sono chiuse per il freddo, ci ammassano in quelle in testa al treno (così ci riscaldiamo, su consiglio di un altro ferroviere) ma attendiamo, attendiamo, attendiamo..e il locomotore non vuole dare proprio segnali di vita.
Fino a quando il mitico controllore annuncia dal microfono: "Attendiamo un locomotore, ma arriverà da Milano Centrale.
Chi vuole può scendere e farsi venire a prendere, ma io non ho
visto niente, perché in teoria la cosa non è possibile, visto che qualcuno potrebbe farsi male".
In effetti, a pochi metri dalla stazione di Certosa, la pendenza è notevole, l'altezza dall'ultimo gradino al suolo anche e per terra ci sono ad attenderci i lastroni di ghiaccio. Il rischio è dunque di fratturarsi un piede o una gamba. Meglio non rischiare e attendere.
Ma il locomotore di riserva non arriva mai. E la temperatura nelle carrozze inizia a scendere, anche la luce si affievolisce. Mentre fuori continua a scendere pioggia gelata e noi siamo letteralmente prigionieri del treno pur essendo a pochi metri dalla stazione di Certosa.
 
Si inganna il tempo parlando delle disavventure capitate in viaggio:
"Lo sai - mi dice un vicino - che la scorsa settimana ho preso il Pendolino e tra Bologna e Firenze non si chiudevano le porte, così siamo rimasti fermi due ore?".
E ancora, un altro compagno di disavventura:
"Sì, diglielo all'amministratore delegato di Trenitalia Moretti, io ho fatto un viaggio ad alta velocità arrivando da Roma a Milano con oltre cinque ore di ritardo".
E un altro ancora:
"Pensa che io su un intercity che arrivava da Genova avevo le carrozze con neve e
gelo all'interno"..
 
Passano altri interminabili minuti, anche più di un' ora, e rispunta il controllore in veste di Superman con elmetto, pettorina gialla, una corda e una torcia, esclamando: "Sta per arrivare il locomotore, speriamo bene, io non ne ho mai agganciati da dietro".
Non sappiamo se ridere o piangere, ci fa persino compassione quest'uomo, lodevole la sua
buona volontà ma in concreto non si risolve nulla per altri trenta minuti perché ci sono problemi nell'aggancio e anche il nuovo locomotore ha ipantografi ghiacciati, dunque non riesce ad approvvigionarsi di corrente.
Intanto dietro si formano altre code di treni e davanti, a Pavia, un locale viene fermato e soppresso, con i viaggiatori costretti a trasbordare su un altro convoglio.
Cosa che capiterà anche a noi per raggiungere proprio la città che guardiamo ormai come un'oasi, poco prima dell'una, in attesa dell'allestimento di un pullman sostitutivo.
Non so cosa augurare ai malcapitati compagni di viaggio che devono arrivare a Genova e addirittura chi a Ventimiglia, chi a Livorno. Meglio forse fermarsi a pernottare in un albergo di Pavia o Voghera e ripartire in mattinata. Ma la mattinata (quella odierna) ci ha regalato altre sorprese, simili alla nottata precedente.
A quando il lieto fine?
Per il momento la favola di Natale di Trenitalia l'abbiamo scritta e siamo pronti ad inviarla anche all'amministratore Moretti, augurandogli buone feste.

Diego Bianchi
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Agenzia CreativaMente27045 - Casteggio (PV)

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