mercoledì 2 aprile 2014

PASSIO 2014 NELLA VITA E NELLA MALATTIA, LA LUCE DI UN SORRISO

NELLA VITA E NELLA MALATTIA, LA LUCE DI UN SORRISO
Jankovic e Aceti: ascolto e parola sono le migliori medicine

«Un giorno senza sorriso? È un giorno perso!». È un pensiero preso a prestito da Charlie Chaplin quello che Momcilo Jankovic – medico specialista di leucemia infantile – rivolge alla platea dell’auditorium “Cantelli” di Novara, mercoledì 19 marzo, nell’incontro “Un sorriso per crescere” proposto nell’ambito di “Passio 2014”. «Un bambino malato ha infatti bisogno di speranza – spiega il dottore –, che si costruisce con un dialogo autentico e sereno, fatto di ascolto, condivisione di emozioni e accoglimento del dolore. Così il paziente e il medico trovano insieme, giorno per giorno, le energie per lottare appassionatamente per la vita». Una vita che «è sempre dura – gli fa eco il pedagogista Ezio Aceti, protagonista con lui della serata – ma è anche felice! Per scoprirlo occorre imparare il coraggio e la fatica di rialzarsi dopo le cadute, pronti a ricominciare». Un coraggio che i bambini devono imparare dai loro genitori. «Ma come insegnare ai nostri figli a gestire le emozioni – chiede Maria Mattioli, pedagogista e moderatrice dell’incontro –, senza arrendersi ai fallimenti?». «La chiave sta – risponde Aceti – nel costruire relazioni profonde, fatte di ascolto e di parole vere, che diano senso agli accadimenti della vita. Così l’uomo e la donna imparano a vivere le emozioni, con intensità ma senza lasciarsi dominare». Dare un nome ai sentimenti, quindi, per poterli condividere, specialmente quando la vita è a rischio, perché – commenta Jankovic – «il dolore può essere combattuto con la morfina, ma la paura no». È il volto di una medicina che mette al centro l’uomo, e così riesce a ottenere la guarigione di oltre il 70% dei piccoli pazienti. «E io sono uno di quelli! – si leva una voce dalla sala –. Forse non si ricorda di me…, sono Adolfo!», e un giovane uomo corre sul palco ad abbracciare commosso il medico che lo ha guarito, quando era bambino. «Questo accade – conclude il vescovo Franco Giulio Brambilla – quando impariamo a curare non la malattia, ma il malato, per correre insieme con lui la sfida della vita».

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