mercoledì 6 settembre 2017

Disastrata provincia di Pavia dopo l'incendio di Parona il 6 settembre 2017 altro incendio in un luogo di stoccaggio rifiuti a Mortara disastro ambientale per tutta la nostra zona

SUI RIPETUTI INCENDI IN IMPIANTI DI TRATTAMENTO RIFIUTI RIPROPONIAMO DI SEGUITO UN'INTERVISTA MOLTO INTERESSANTE DI UN MESE FA A WALTER GANAPINI.

Incendi negli impianti di deposito. Ganapini: «Una guerra dietro i rifiuti bruciati»

In Italia 130 impianti di trattamento, stoccaggio o deposito dei rifiuti hanno preso misteriosamente fuoco, mandando in fumo un intero comparto industriale. 


di Andrea Sarubbi - L'hanno chiamata disattenzione, guasto al circuito elettrico, autocombustione. In realtà è una vera e propria guerra, divampata negli ultimi tre anni da nord a sud: in Italia 130 impianti di trattamento, stoccaggio o deposito dei rifiuti hanno preso misteriosamente fuoco, mandando in fumo insieme ai macchinari anche un intero comparto industriale. «Abbiamo perso tre milioni di tonnellate di capacità di riciclaggio: praticamente, ci siamo tagliati da soli una gamba», commenta Walter Ganapini, riconosciuta autorità in materia: se ne occupa dalla metà degli anni Settanta, quando chi parlava di rinnovabili o di economia circolare sembrava un marziano. Da tecnico, ha collaborato con amministrazioni di destra e di sinistra, risolvendo anche emergenze notevoli; questa è una delle più dure, e un tecnico può solo lanciare l'allarme.

Il 27 luglio 2014 ad Albairate, nell'hinterland milanese, va a fuoco l'impianto destinato a trattare i rifiuti organici dell'Expo. Che inizierà 9 mesi dopo. 
«Le fiamme divampano in tre punti diversi, l'autocombustione è impossibile perché il compost non brucia da solo e perché la temperatura nel capannone non supera mai i 60 gradi. Ma mentre si indaga sulle cause, c'è un'emergenza da risolvere: bisogna cambiare destinazione dei rifiuti in fretta, perché all'Expo non manca molto, e naturalmente aumenta il costo in bilancio. È un segnale poderoso, una dichiarazione di guerra. Tre anni dopo, purtroppo, la trincea è dappertutto».

Chi combatte contro chi? 
«Le possibilità per i rifiuti sono due: si recuperano oppure vanno in discarica. Alla comunità conviene recuperarne il più possibile, perché il rifiuto riciclato è una risorsa. I proprietari di discariche, invece, hanno l'interesse contrario, perché rischiano di restare senza lavoro. E se gli impianti di riciclaggio bruciano, la scelta è una sola: mandare ogni cosa in discarica, anche i rifiuti recuperabili. Non lo dico io, ma il magistrato Roberto Pennisi, della direzione nazionale antimafia: bruciare è la migliore scorciatoia, quando vuoi guadagnare di più».

Non stanno bruciando solo gli impianti, ma anche i rifiuti riciclabili. 
«E questo è un altro problema. Dopo aver incassato gli incentivi pubblici per il riciclo, si è scoperto che molti imprenditori, anziché recuperare i rifiuti plastici, li spedivano in Cina. Ora che Pechino ha bloccato il flusso illegale, li bruciano. Se sei tra l'altro assicurato contro gli incendi, non ti viene la tentazione di far dare fuoco a tutto da qualcuno, mentre magari passi le vacanze a Cortina? Nessuno mi toglie dalla testa che anche i recenti fuochi sul Vesuvio siano serviti a occultare pratiche illegali. Del resto, basta guardare i posti e collegarli alle discariche, e ripensare a quando i tedeschi smisero di prendere le presunte ecoballe perché radioattive».

Se è una guerra, lo Stato come si sta difendendo? 
«In alcune regioni, i carabinieri forestali stanno lavorando seriamente. Le forze dell'ordine sanno bene che il nodo da sciogliere è al livello superiore: ogni impianto che va in crisi, libera spazio per i traffici di altra natura, non gestiti dallo Stato ma delle mafie. E così, tanto
per fare un esempio, bisogna capire quali siano gli interessi dei grandi clan in tutte le regioni del nord, perché la mano della criminalità organizzata in questa guerra dei rifiuti è una costante».

Nessun commento:

Posta un commento