martedì 4 novembre 2014

Pax Christi Cappellani militari sì, ma senza stellette

«E con stipendi da preti comuni: lo chiediamo non per togliere valore alla presenza e all’annuncio cristiano tra quanti stanno vivendo la vita militare, ma per essere più liberi, senza privilegi», dice don Renato Sacco, coordinatore nazionale dell’organizzazione ecclesiale in cui si sono impegnati vescovi come monsignor Luigi Bettazzi e don Tonino Bello.
Armi e preghiera. Dopo l’intervista realizzata da Famiglia Cristiana a monsignor Santo Marcianò, in cui l’ordinario militare descrive natura della missione e attività sue e dei 166 cappellani che fanno riferimento a lui, interviene don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la pace nato in Francia nel 1945 e da sempre molto attivo anche in Italia (nelle sue fila si sono impegnati, tra gli altri, monsignor Luigi Bettazzi e don Tonino Bello). … Oggi è il 4 novembre, data che tutti ricordano. ll papa di allora, Bendetto XV, parlò di inutile strage.

2014 ottobre discorso di Papa Francesco ai partecipanti all'Incontro mondiale dei Movimenti Popolari.

Terra, casa, lavoro, giustizia e pace...  28 ottobre 2014
Buongiorno di nuovo, 
sono contento di stare tra voi, inoltre vi faccio una confidenza: è la prima volta che scendo qui, non c’ero mai venuto. Come vi dicevo, provo grande gioia e vi do un caloroso benvenuto.
Grazie per aver accettato questo invito per dibattere i tanti gravi problemi sociali che affliggono il mondo di oggi, voi che vivete sulla vostra pelle la disuguaglianza e l’esclusione. Grazie al Cardinale Turkson per la sua accoglienza, grazie, Eminenza, per il suo lavoro e le sue parole.  Questo incontro dei Movimenti Popolari è un segno, un grande segno: siete venuti a porre alla presenza di Dio, della Chiesa, dei popoli, una realtà molte volte passata sotto silenzio. 
I poveri non solo subiscono l’ingiustizia ma lottano anche contro di essa! 
Non si accontentano di promesse illusorie, scuse o alibi. Non stanno neppure aspettando a braccia conserte l’aiuto di Ong, piani assistenziali o soluzioni che non arrivano mai, o che, se arrivano, lo fanno in modo tale da andare nella direzione o di anestetizzare o di addomesticare, questo è piuttosto pericoloso. Voi sentite che i poveri non aspettano più e vogliono essere protagonisti; si organizzano, studiano, lavorano, esigono e soprattutto praticano quella solidarietà tanto speciale che esiste fra quanti soffrono, tra i poveri, e che la nostra civiltà sembra aver dimenticato, o quantomeno ha molta voglia di dimenticare. 

Solidarietà è una parola che non sempre piace; direi che alcune volte l’abbiamo trasformata in una cattiva parola, non si può dire; ma una parola è molto più di alcuni atti di generosità sporadici. È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, la terra e la casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro: i dislocamenti forzati, le emigrazioni dolorose, la tratta di persone, la droga, la guerra, la violenza e tutte quelle realtà che molti di voi subiscono e che tutti siamo chiamati a trasformare. La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia ed è questo che fanno i movimenti popolari.

Questo nostro incontro non risponde a un’ideologia. Voi non lavorate con idee, lavorate con realtà come quelle che ho menzionato e molte altre che mi avete raccontato. Avete i piedi nel fango e le mani nella carne. Odorate di quartiere, di popolo, di lotta! Vogliamo che si ascolti la vostra voce che, in generale, si ascolta poco. Forse perché disturba, forse perché il vostro grido infastidisce, forse perché si ha paura del cambiamento che voi esigete, ma senza la vostra presenza, senza andare realmente nelle periferie, le buone proposte e i progetti che spesso ascoltiamo nelle conferenze internazionali restano nel regno dell’idea, è un mio progetto.

Non si può affrontare lo scandalo della povertà promuovendo strategie di contenimento che unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi. Che triste vedere che, dietro a presunte opere altruistiche, si riduce l’altro alla passività, lo si nega o, peggio ancora, si nascondono affari e ambizioni personali: Gesù le definirebbe ipocrite. Che bello invece quando vediamo in movimento popoli e soprattutto i loro membri più poveri e i giovani. Allora sì, si sente il vento di promessa che ravviva la speranza di un mondo migliore. Che questo vento si trasformi in uragano di speranza. Questo è il mio desiderio.

Questo nostro incontro risponde a un anelito molto concreto, qualcosa che qualsiasi padre, qualsiasi madre, vuole per i propri figli; un anelito che dovrebbe essere alla portata di tutti, ma che oggi vediamo con tristezza sempre più lontano dalla maggioranza della gente: terra, casa e lavoro. È strano, ma se parlo di questo per alcuni il Papa è comunista. Non si comprende che l’amore per i poveri è al centro del Vangelo. Terra, casa e lavoro, quello per cui voi lottate, sono diritti sacri. Esigere ciò non è affatto strano, è la dottrina sociale della Chiesa. Mi soffermo un po’ su ognuno di essi perché li avete scelti come parola d’ordine per questo incontro.

Terra. All’inizio della creazione, Dio creò l’uomo custode della sua opera, affidandogli l’incarico di coltivarla e di proteggerla. Vedo che qui ci sono decine di contadini e di contadine e voglio felicitarmi con loro perché custodiscono la terra, la coltivano e lo fanno in comunità. Mi preoccupa lo sradicamento di tanti fratelli contadini che soffrono per questo motivo e non per guerre o disastri naturali. L’accaparramento di terre, la deforestazione, l’appropriazione dell’acqua, i pesticidi inadeguati, sono alcuni dei mali che strappano l’uomo dalla sua terra natale. Questa dolorosa separazione non è solo fisica ma anche esistenziale e spirituale, perché esiste una relazione con la terra che sta mettendo la comunità rurale e il suo peculiare stile di vita in palese decadenza e addirittura a rischio di estinzione. 

L’altra dimensione del processo già globale è la fame. Quando la speculazione finanziaria condiziona il prezzo degli alimenti trattandoli come una merce qualsiasi, milioni di persone soffrono e muoiono di fame. Dall’altra parte si scartano tonnellate di alimenti. Ciò costituisce un vero scandalo. La fame è criminale, l’alimentazione è un diritto inalienabile. So che alcuni di voi chiedono una riforma agraria per risolvere alcuni di questi problemi e, lasciatemi dire che in certi paesi, e qui cito il compendio della Dottrina sociale della Chiesa, “la riforma agraria diventa pertanto, oltre che una necessità politica, un obbligo morale” (CDSC, 300). 

Non lo dico solo io, ma sta scritto nel compendio della Dottrina sociale della Chiesa. Per favore, continuate a lottare per la dignità della famiglia rurale, per l’acqua, per la vita e affinché tutti possano beneficiare dei frutti della terra. 

Secondo, Casa. L’ho già detto e lo ripeto: una casa per ogni famiglia. Non bisogna mai dimenticare che Gesù nacque in una stalla perché negli alloggi non c’era posto, che la sua famiglia dovette abbandonare la propria casa e fuggire in Egitto, perseguitata da Erode. Oggi ci sono tante famiglie senza casa, o perché non l’hanno mai avuta o perché l’hanno persa per diversi motivi. Famiglia e casa vanno di pari passo! Ma un tetto, perché sia una casa, deve anche avere una dimensione comunitaria: il quartiere ed è proprio nel quartiere che s’inizia a costruire questa grande famiglia dell’umanità, a partire da ciò che è più immediato, dalla convivenza col vicinato. Oggi viviamo in immense città che si mostrano moderne, orgogliose e addirittura vanitose. Città che offrono innumerevoli piaceri e benessere per una minoranza felice ma si nega una casa a migliaia di nostri vicini e fratelli, persino bambini, e li si chiama, elegantemente, “persone senza fissa dimora”. È curioso come nel mondo delle ingiustizie abbondino gli eufemismi. Non si dicono le parole con precisione, e la realtà si cerca nell’eufemismo. Una persona, una persona segregata, una persona accantonata, una persona che sta soffrendo per la miseria, per la fame, è una persona senza fissa dimora; espressione elegante, no? Voi cercate sempre; potrei sbagliarmi in qualche caso, ma in generale dietro un eufemismo c’è un delitto. 

Viviamo in città che costruiscono torri, centri commerciali, fanno affari immobiliari ma abbandonano una parte di sé ai margini, nelle periferie. Quanto fa male sentire che gli insediamenti poveri sono emarginati o, peggio ancora, che li si vuole sradicare! Sono crudeli le immagini degli sgomberi forzati, delle gru che demoliscono baracche, immagini tanto simili a quelle della guerra. E questo si vede oggi.

Sapete che nei quartieri popolari dove molti di voi vivono sussistono valori ormai dimenticati nei centri arricchiti. Questi insediamenti sono benedetti da una ricca cultura popolare, lì lo spazio pubblico non è un mero luogo di transito ma un’estensione della propria casa, un luogo dove generare vincoli con il vicinato. Quanto sono belle le città che superano la sfiducia malsana e che integrano i diversi e fanno di questa integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Quanto sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che uniscono, relazionano, favoriscono il riconoscimento dell’altro! Perciò né sradicamento né emarginazione: bisogna seguire la linea dell’integrazione urbana! Questa parola deve sostituire completamente la parola sradicamento, ora, ma anche quei progetti che intendono riverniciare i quartieri poveri, abbellire le periferie e “truccare” le ferite sociali invece di curarle promuovendo un’integrazione autentica e rispettosa. È una sorta di architettura di facciata, no? E va in questa direzione. Continuiamo a lavorare affinché tutte le famiglie abbiano una casa e affinché tutti i quartieri abbiano un’infrastruttura adeguata (fognature, luce, gas, asfalto, e continuo: scuole, ospedali, pronto soccorso, circoli sportivi e tutte le cose che creano vincoli e uniscono, accesso alla salute — l’ho già detto — all’educazione e alla sicurezza della proprietà. 

Terzo, Lavoro. Non esiste peggiore povertà materiale — mi preme sottolinearlo — di quella che non permette di guadagnarsi il pane e priva della dignità del lavoro. La disoccupazione giovanile, l’informalità e la mancanza di diritti lavorativi non sono inevitabili, sono il risultato di una previa opzione sociale, di un sistema economico che mette i benefici al di sopra dell’uomo, se il beneficio è economico, al di sopra dell’umanità o al di sopra dell’uomo, sono effetti di una cultura dello scarto che considera l’essere umano di per sé come un bene di consumo, che si può usare e poi buttare. 

Oggi al fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione si somma una nuova dimensione, una sfumatura grafica e dura dell’ingiustizia sociale; quelli che non si possono integrare, gli esclusi sono scarti, “eccedenze”. Questa è la cultura dello scarto, e su questo punto vorrei aggiungere qualcosa che non ho qui scritto, ma che mi è venuta in mente ora. Questo succede quando al centro di un sistema economico c’è il dio denaro e non l’uomo, la persona umana. Sì, al centro di ogni sistema sociale o economico deve esserci la persona, immagine di Dio, creata perché fosse il denominatore dell’universo. Quando la persona viene spostata e arriva il dio denaro si produce questo sconvolgimento di valori.

E per illustrarlo ricordo qui un insegnamento dell’anno 1200 circa. Un rabbino ebreo spiegava ai suoi fedeli la storia della torre di Babele e allora raccontava come, per costruire quella torre di Babele, bisognava fare un grande sforzo, bisognava fabbricare i mattoni, e per fabbricare i mattoni bisognava fare il fango e portare la paglia, e mescolare il fango con la paglia, poi tagliarlo in quadrati, poi farlo seccare, poi cuocerlo, e quando i mattoni erano cotti e freddi, portarli su per costruire la torre.
Se cadeva un mattone — era costato tanto con tutto quel lavoro —, era quasi una tragedia nazionale. Colui che l’aveva lasciato cadere veniva punito o cacciato, o non so che cosa gli facevano, ma se cadeva un operaio non succedeva nulla. Questo accade quando la persona è al servizio del dio denaro; e lo raccontava un rabbino ebreo nell’anno 1200, spiegando queste cose orribili.

Per quanto riguarda lo scarto dobbiamo anche essere un po’ attenti a quanto accade nella nostra società. Sto ripetendo cose che ho detto e che stanno nella Evangelii gaudium. Oggi si scartano i bambini perché il tasso di natalità in molti paesi della terra è diminuito o si scartano i bambini per mancanza di cibo o perché vengono uccisi prima di nascere; scarto di bambini.

Si scartano gli anziani perché non servono, non producono; né bambini né anziani producono, allora con sistemi più o meno sofisticati li si abbandona lentamente, e ora, poiché in questa crisi occorre recuperare un certo equilibrio, stiamo assistendo a un terzo scarto molto doloroso: lo scarto dei giovani. Milioni di giovani — non dico la cifra perché non la conosco esattamente e quella che ho letto mi sembra un po’ esagerata — milioni di giovani sono scartati dal lavoro, disoccupati.

Nei paesi europei, e queste sì sono statistiche molto chiare, qui in Italia, i giovani disoccupati sono un po’ più del quaranta per cento; sapete cosa significa quaranta per cento di giovani, un’intera generazione, annullare un’intera generazione per mantenere l’equilibrio. In un altro paese europeo sta superando il cinquanta per cento, e in quello stesso paese del cinquanta per cento, nel sud è il sessanta per cento. Sono cifre chiare, ossia dello scarto. Scarto di bambini, scarto di anziani, che non producono, e dobbiamo sacrificare una generazione di giovani, scarto di giovani, per poter mantenere e riequilibrare un sistema nel quale al centro c’è il dio denaro e non la persona umana.

Nonostante questa cultura dello scarto, questa cultura delle eccedenze, molti di voi, lavoratori esclusi, eccedenze per questo sistema, avete inventato il vostro lavoro con tutto ciò che sembrava non poter essere più utilizzato ma voi con la vostra abilità artigianale, che vi ha dato Dio, con la vostra ricerca, con la vostra solidarietà, con il vostro lavoro comunitario, con la vostra economia popolare, ci siete riusciti e ci state riuscendo... E, lasciatemelo dire, questo, oltre che lavoro, è poesia! Grazie. 

Già ora, ogni lavoratore, faccia parte o meno del sistema formale del lavoro stipendiato, ha diritto a una remunerazione degna, alla sicurezza sociale e a una copertura pensionistica. Qui ci sono cartoneros, riciclatori, venditori ambulanti, sarti, artigiani, pescatori, contadini, muratori, minatori, operai di imprese recuperate, membri di cooperative di ogni tipo e persone che svolgono mestieri più comuni, che sono esclusi dai diritti dei lavoratori, ai quali viene negata la possibilità di avere un sindacato, che non hanno un’entrata adeguata e stabile. Oggi voglio unire la mia voce alla loro e accompagnarli nella lotta. 
In questo incontro avete parlato anche di Pace ed Ecologia. È logico: non ci può essere terra, non ci può essere casa, non ci può essere lavoro se non abbiamo pace e se distruggiamo il pianeta. Sono temi così importanti che i popoli e le loro organizzazioni di base non possono non affrontare. Non possono restare solo nelle mani dei dirigenti politici. Tutti i popoli della terra, tutti gli uomini e le donne di buona volontà, tutti dobbiamo alzare la voce in difesa di questi due preziosi doni: la pace e la natura. La sorella madre terra, come la chiamava san Francesco d’Assisi.

Poco fa ho detto, e lo ripeto, che stiamo vivendo la terza guerra mondiale, ma a pezzi. Ci sono sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra. Allora si fabbricano e si vendono armi e così i bilanci delle economie che sacrificano l’uomo ai piedi dell’idolo del denaro ovviamente vengono sanati. E non si pensa ai bambini affamati nei campi profughi, non si pensa ai dislocamenti forzati, non si pensa alle case distrutte, non si pensa neppure a tante vite spezzate. Quanta sofferenza, quanta distruzione, quanto dolore! Oggi, care sorelle e cari fratelli, si leva in ogni parte della terra, in ogni popolo, in ogni cuore e nei movimenti popolari, il grido della pace: Mai più la guerra!
Un sistema economico incentrato sul dio denaro ha anche bisogno di saccheggiare la natura, saccheggiare la natura per sostenere il ritmo frenetico di consumo che gli è proprio. Il cambiamento climatico, la perdita della biodiversità, la deforestazione stanno già mostrando i loro effetti devastanti nelle grandi catastrofi a cui assistiamo, e a soffrire di più siete voi, gli umili, voi che vivete vicino alle coste in abitazioni precarie o che siete tanto vulnerabili economicamente da perdere tutto di fronte a un disastro naturale. Fratelli e sorelle: il creato non è una proprietà di cui possiamo disporre a nostro piacere; e ancor meno è una proprietà solo di alcuni, di pochi. Il creato è un dono, è un regalo, un dono meraviglioso che Dio ci ha dato perché ce ne prendiamo cura e lo utilizziamo a beneficio di tutti, sempre con rispetto e gratitudine. Forse sapete che sto preparando un’enciclica sull’Ecologia: siate certi che le vostre preoccupazioni saranno presenti in essa. Ringrazio, approfitto per ringraziare per la lettera che mi hanno fatto pervenire i membri della Vía Campesina, la Federazione dei Cartoneros e tanti altri fratelli a riguardo.

Parliamo di terra, di lavoro, di casa. Parliamo di lavorare per la pace e di prendersi cura della natura. 

Ma perché allora ci abituiamo a vedere come si distrugge il lavoro dignitoso, si sfrattano tante famiglie, si cacciano i contadini, si fa la guerra e si abusa della natura? Perché in questo sistema l’uomo, la persona umana è stata tolta dal centro ed è stata sostituita da un’altra cosa. Perché si rende un culto idolatrico al denaro. Perché si è globalizzata l’indifferenza! Si è globalizzata l’indifferenza: cosa importa a me di quello che succede agli altri finché difendo ciò che è mio? Perché il mondo si è dimenticato di Dio, che è Padre; è diventato orfano perché ha accantonato Dio.
Alcuni di voi hanno detto: questo sistema non si sopporta più. Dobbiamo cambiarlo, dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno. Va fatto con coraggio, ma anche con intelligenza. Con tenacia, ma senza fanatismo. Con passione, ma senza violenza. E tutti insieme, affrontando i conflitti senza rimanervi intrappolati, cercando sempre di risolvere le tensioni per raggiungere un livello superiore di unità, di pace e di giustizia. Noi cristiani abbiamo qualcosa di molto bello, una linea di azione, un programma, potremmo dire, rivoluzionario. Vi raccomando vivamente di leggerlo, di leggere le beatitudini che sono contenute nel capitolo 5 di san Matteo e 6 di san Luca (cfr. Matteo, 5, 3 e Luca, 6, 20), e di leggere il passo di Matteo 25. L’ho detto ai giovani a Rio de Janeiro, in queste due cose hanno il programma di azione.

So che tra di voi ci sono persone di diverse religioni, mestieri, idee, culture, paesi e continenti. Oggi state praticando qui la cultura dell’incontro, così diversa dalla xenofobia, dalla discriminazione e dall’intolleranza che tanto spesso vediamo. Tra gli esclusi si produce questo incontro di culture dove l’insieme non annulla la particolarità, l’insieme non annulla la particolarità. Perciò a me piace l’immagine del poliedro, una figura geometrica con molte facce diverse. Il poliedro riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso conservano l’originalità. Nulla si dissolve, nulla si distrugge, nulla si domina, tutto si integra, tutto si integra. Oggi state anche cercando la sintesi tra il locale e il globale. So che lavorate ogni giorno in cose vicine, concrete, nel vostro territorio, nel vostro quartiere, nel vostro posto di lavoro: vi invito anche a continuare a cercare questa prospettiva più ampia; che i vostri sogni volino alto e abbraccino il tutto!

Perciò mi sembra importante la proposta, di cui alcuni di voi mi hanno parlato, che questi movimenti, queste esperienze di solidarietà che crescono dal basso, dal sottosuolo del pianeta, confluiscano, siano più coordinati, s’incontrino, come avete fatto voi in questi giorni. Attenzione, non è mai un bene racchiudere il movimento in strutture rigide, perciò ho detto incontrarsi, e lo è ancor meno cercare di assorbirlo, di dirigerlo o di dominarlo; i movimenti liberi hanno una propria dinamica, ma sì, dobbiamo cercare di camminare insieme. Siamo in questa sala, che è l’aula del Sinodo vecchio, ora ce n’è una nuova, e sinodo vuol dire proprio “camminare insieme”: che questo sia un simbolo del processo che avete iniziato e che state portando avanti!

I movimenti popolari esprimono la necessità urgente di rivitalizzare le nostre democrazie, tante volte dirottate da innumerevoli fattori. 

È impossibile immaginare un futuro per la società senza la partecipazione come protagoniste delle grandi maggioranze e questo protagonismo trascende i procedimenti logici della democrazia formale. La prospettiva di un mondo di pace e di giustizia durature ci chiede di superare l’assistenzialismo paternalista, esige da noi che creiamo nuove forme di partecipazione che includano i movimenti popolari e animino le strutture di governo locali, nazionali e internazionali con quel torrente di energia morale che nasce dal coinvolgimento degli esclusi nella costruzione del destino comune. E ciò con animo costruttivo, senza risentimento, con amore.

Vi accompagno di cuore in questo cammino. Diciamo insieme dal cuore: nessuna famiglia senza casa, nessun contadino senza terra, nessun lavoratore senza diritti, nessuna persona senza la dignità che dà il lavoro.

Cari fratelli e sorelle: continuate con la vostra lotta, fate bene a tutti noi. È come una benedizione di umanità. Vi lascio come ricordo, come regalo e con la mia benedizione, alcuni rosari che hanno fabbricato artigiani, cartoneros e lavoratori dell’economia popolare dell’America Latina.

E accompagnandovi prego per voi, prego con voi e desidero chiedere a Dio Padre di accompagnarvi e di benedirvi, di colmarvi del suo amore e di accompagnarvi nel cammino, dandovi abbondantemente quella forza che ci mantiene in piedi: questa forza è la speranza, la speranza che non delude. Grazie.

sabato 1 novembre 2014

2014_11 IL SINDACO DI VIGEVANO E L’EBOLA: MOLTA PROPAGANDA E NIENTE INFORMAZIONE

“Allarme! Allarme!”. Il panico generale è da sempre un’arma di “distrazione di massa“. Se poi, dato che a Vigevano la campagna elettorale è vicina, hai anche la possibilità di infilarci un po’ di brutale propaganda, perchè no?!
Considerato che le uniche cose per cui il sindaco di Vigevano lascerà il segno sono bambini esclusi dalla mensa, sgomberi e dossi (la “guerra all’immigrato” non sto a citarla, è sottintesa) perchè non chiudere in bellezza con un gesto plateale in stile Lega?
L’ebola è alle porte e pare venga dall’Africa; noi europei da sempre, a causa della nostra stupida posizione geografica, abbiamo a che fare con flussi migratori provenienti – guarda un po’ – dall’Africa, dove deprediamo, bombardiamo o sosteniamo regimi dittatoriali (ricordiamoci che noi andiamo via dall’Italia per molto meno).
[NOTA : Nella lettera del Sindaco si dice comunque "provenienti da paesi a rischio o che abbiano intrapreso viaggi in Africa e presenti nel Comune di Vigevano" pertanto non solo di "origine extra comunitaria" ma anche "fauna locale ed ariana" che abbia compiuto "viaggi" in "paesi a rischio". Questo chiarimento non toglie comunque il peso in un certo senso discriminatorio con il quale questa iniziativa è stata letta dalla massa]
Allarme ebola, allora!
Il pensiero del sindaco Sala deve essere stato quello di avere trovato l’ennesima occasione di supplire alla mancanza di contenuti politici concreti, e di tentare di convincere gli elettori leghisti che lui è un “padano doc“, visto che in casa sua stanno pensando di “spodestarlo”.
L’operazione però rasenta il ridicolo.
Nell’allarmare la cittadinanza vigevanese verso i migranti “nordafricani-porta ebola” dimostra, come è testimoniato dalla lettera da lui scritta al ministro della Salute, di non sapere ciò di cui sta parlando, o di fare finta di non saperlo.
Mi sembra opportuno esporre alcune informazioni in merito all’ebola.
Il periodo che passa tra il contagio e la probabile morte è di massimo quattro o cinque settimane (un migrante impiega diversi mesi per arrivare, dato che non ha a disposizione voli charter).
I sintomi si manifestano in modo acuto mediamente dopo sette giorni (e ciò rende i casi facilmente individuabili e isolabili).
Si viene contagiati dall’ebola tramite contatto con fluidi infetti o rapporti sessuali (non credo che i migranti in condizioni di agonia o di estremo tentativo di sopravvivenza pensino ad avere rapporti sessuali. Qualora abbiano contatti con fluidi infetti, o farebbero tempo a morire prima di arrivare o comunque manifesterebbero sintomi facilmente riconoscibili).
E’ un ceppo virale che ha il suo habitat naturale nell’Africa equatoriale (non proprio lo stesso clima della Lomellina…).
Gli unici casi registrati nell’Occidente “civilizzato” riguardano cittadini “civilizzatissimi” in ritorno da viaggi in quei territori (non mi pare che tali viaggi siano da annoverare nella categoria dei flussi migratori).
Come ha sottolineato recentemente Gino Strada, fondatore di Emergency, “l’Ebola arriverà in Europa se non lo fermiamo subito in Africa. E non arriverà attraverso i barconi, ma attraverso i voli in business class”.
Considerato che queste informazioni possono essere apprese da chiunque attraverso una minima attività di ricerca – infatti io non sono medico – viene da porsi una domanda: è davvero possibile che un sindaco che dice di avere così tanto a cuore la salute dei suoi cittadini – come lui afferma nella lettera al ministro – queste cose non le sappia?
Il confine tra ignoranza e propaganda in questo caso è molto labile!
tratto da  Alessio Galli Segretario del circolo “Hugo Chavez Frias” del Partito della Rifondazione Comunista di Vigevano

sabato 31 maggio 2014

RIFUGIO ERTERLE il primo "Rifugio Sociale" trentino!

L’Associazione A.M.A. auto muto aiuto di Trento è lieta di comunicarvi l’apertura del
RIFUGIO ERTERLE
il primo "Rifugio Sociale" trentino!
Il rifugio Erterle è promosso dall’Associazione "Montagna Solidale", fondata da otto realtà coinvolte nel sociale di Trento (Cooperative sociali: Progetto 92, La Rete, Laboratorio sociale, Villa S. Ignazio, Samuele; Associazioni: A.m.a., La Panchina, A.m.a Salute Mentale) e da un gruppo di volontari che credono nel grande valore riabilitativo del trekking in montagna per tutti, ancor più per le persone che vivono una situazione di fragilità, e della valenza sociale ed educativa del vivere a contatto con la natura in un ambiente familiare.
Si trova nel Comune di Roncegno Terme (Tn); circondato da grandi prati, è luogo ideale di partenza per numerose escursioni nel gruppo del Lagorài.
Il Rifugio Erterle rappresenta una bellissima opportunità di vacanze aperta a tutti e potrà inoltre offrire occasioni per sperimentare brevi periodi lavorativi in borsa lavoro a persone con particolari bisogni.
Per informazioni e prenotazioni:
Isabella e Piero +39 333 9351482

domenica 4 maggio 2014

2014_04 Iniziativa per chiarire ogni dubbio sulle differenze ETERO e OM OSES SUALI nei rapporti di amore e matrimonio

Ho trovato questa bella serie di video, di cui ringrazio vivamente l'autore, che riesce a dire in poche e semplici parole quello che sarebbe bello ogni essere umano capisse.
E che ogni umano smettesse con questi comportamenti discriminatori, che ognuno dentro di se potrebbe anche avere, ma che è orrendo che li voglia propagandare ad altri o addirittura imporre.
Purtroppo i nostri tempi si primo decennio di secolo sono tra i più bui della storia recente.
Devastanti appropriazioni economiche del ceto alto della società e man bassa spaventosi della classe politica hanno monopolizzato tutte le risorse economiche comuni.
Per cui non si cerca altro che di distrarre l'attenzione dal vero problema e sollevare un vespaio in modo che la massa (che non dovrebbe essere di idioti!) non pensi alle cose serie ma si abbuffi e abbatta su cose meno fondamentali ma terribilmente divertenti come FARE DEL MALE AL TUO PROSSIMO.

La natura ...


Diritti doveri del matrimonio


Ma non si riesce a capire con una ecografie se tuo figlio nascerà ...


Dare diritti a qualcuno non significa togliere diritti agli altri ..


Fertile o sterile ... questo è il di)lemma???


martedì 29 aprile 2014

WIND INFOSTRADA

Come nascondere o scoprire il numero di telefono fisso
*68# attiva il servizio di nascondere il numero chiamante
#67# disattiva il servizio di nascondere il numero chiamante
*67* numero di telefono # nasconde il numero chiamante solo per la telefonata in corso (ricordarsi il # alla fine della digitazione del numero da chiamare)
Condivido queste info perchè ho dovuto chiederle al 155 così possono servire a tutti.

domenica 6 aprile 2014

A proposito di buoni propositi si parla di evasione plurimilionaria per una cantante italiana quasi 60enne

Ed una utente - Marika - così commente Domenica, 6 Aprile 2014, 12:14 Am
Mapporcamiseria , non mi capacito del fatto che ci sia qualcuno che scusi questi comportamenti! 

Se io, cittadino comune e con lavoro, mi azzardo a non pagare 100 euro di tasse su quella miseria di stipendio che prendo e LAVORANDO sul serio, mi fanno da matti e mi rovinano. 

Questi ( sono vaga perché c’è ne sono parecchi di “artisti” o “sportivi” o quella gentaglia che riempie la televisione) 
  • prendono una valanga di soldi e si lamentano in continuo delle tasse che devono pagare, 
  • sono i primi ad evadere 
  • e sono sempre i primi a lamentarsi dei vari problemi che ci sono nel nostro povero ma meraviglioso paese… 

ma cacchio è anche colpa loro questo. 
Tolgono una vera montagna di soldi che si potrebbero usare per sistemare infrastrutture ospedaliere fatiscenti o strade malconce o scuole pubbliche (che per fortuna ancora esistono) non adeguate al mondo di oggi. 

Sono dei ladri verso ognuno di noi che invece ad evadere non ci pensiamo o comunque come nel mio caso è impossibile farlo. 

Datemi pure della comunista ma io credo che se ognuno di noi facesse il proprio dovere e pagasse secondo le sue possibilità staremmo molto meglio.

Gli evasori, i grandi evasori non si devono preoccupare tanto se li beccano gli danno due schiaffo ti sulla mano, gli concedono di pagare un somma ridicola rispetto quella dovuta e tutto a posto, con le scuse da parte di tutti per avergli fatto fare una brutta figura a livello nazionale… Ma scherziamo!!!

Purtroppo no, è assurdo, gente che non riesce o proprio non può pagare 500 euro invece alla fine si trova a doverne pagare 5000 se va’ bene e ad avere tutti contro pronti con i vari moralismi ipocriti! 
Scusate, ma queste cose mi fanno imbestialire… poveri ricconi che devono pagare le tasse come tutti quanti! Non è proprio giusto che un operaio che guadagna tot euro ne vede un terzo evaporare e una persona che ne guadagna 10 volte tanto debba dare sempre la stessa proporzione… 
Ma chi è che sente di meno la differenza, il primo, che ne ha ben pochi, o il secondo che comunque ha sempre un bel gruzzolo? 
Fate voi ma poi non piangete che lo stato, le regioni e tutto l’apparato statale non possa sistemare ciò che necessita. (tratto da ...)

mercoledì 2 aprile 2014

PASSIO 2014 Novara In piazza Duomo la reliquia di Cannobio accolta dal Vescovo

PASSIO, INIZIO COL MIRACOLO
In piazza Duomo la reliquia di Cannobio accolta dal Vescovo

Davanti al Duomo, con la reliquia del miracolo di Cannobio. Un evento di pietà popolare segna l’inizio ufficiale di Passio 2014, quella pietà popolare che papa Francesco definisce, nella sua Evangelii gaudium, «autentica espressione dell’azione missionaria spontanea del Popolo di Dio». L’appuntamento è mercoledì 5 marzo – giorno d’inizio della Quaresima – a Novara in piazza della Repubblica, dove alle 17 avviene lo svelamento della grande immagine allestita sul fianco del Duomo. Le parole del vescovo mons. Franco Giulio Brambilla e di don Silvio Barbaglia – presidente del comitato ideatore di Passio – creano un clima di attesa, mentre l’attrice Lucilla Giagnoni legge testi tratti dall’Evangelii gaudium. Giunge quindi in piazza una delegazione di fedeli di Cannobio – con il rettore del Santuario don Bruno Medina, il parroco della Collegiata di San Vittore don Luigi Dresti e il sindaco Gian Domenico Albertella –, recando una teca con la reliquia del miracolo che, nel 1522, vide gocce di sangue e una piccola costola di carne umana materializzarsi da una pergamena raffigurante l’immagine della Pietà. La reliquia, accolta dal Vescovo, viene introdotta in un’arca d’argento settecentesca – usata fino al 1953 per la processione del Corpo di Cristo del Venerdì Santo – e viene quindi solennemente condotta in Duomo, dove ha inizio la liturgia delle Ceneri. La reliquia resta custodita in Duomo e offerta alla venerazione dei fedeli per l’intero tempo di Quaresima.

Per ulteriori informazioni:

PASSIO 2014 Novara Inizia in Battistero la lettura del Cantico dei Cantici

«MI BACI CON I BACI DELLA SUA BOCCA»
Inizia in Battistero la lettura del Cantico dei Cantici

Nel cuore della Bibbia, un canto d’amore e di eros. La poesia del Cantico dei Cantici risuona nel Battistero del Duomo di Novara, che vede svolgersi domenica 9 marzo, alle 21, il primo di sette incontri in cui l’attrice e autrice teatrale Lucilla Giagnoni e il biblista don Silvio Barbaglia interpretano e commentano l’antico testo sacro dedicato a Salomone. «Il percorso – spiega don Barbaglia – è ritmato dal susseguirsi degli abbracci in cui culmina l’incessante ricercarsi dell’amato e dell’amata, protagonisti del poema. Il pubblico del Battistero è condotto a esplorare un complesso mondo di emozioni, che coinvolgono l’intera gamma delle percezioni sensoriali, tipiche dell’esperienza amorosa. Vista e udito, grazie a giochi di luci e alle tele del “Cantico dei Cantici” del pittore Marc Chagall e alla musiche originali di Paolo Pizzimenti. Senza dimenticare – fatto inedito – l’olfatto, grazie a effluvi aromatici di incenso, per creare l’atmosfera di sogno che permea il Cantico».

L’elenco dei sette incontri in Battistero è disponibile alla pagina http://www.passionovara.it/mi-baci-con-i-baci-della-sua-bocca/.

PASSIO 2014 Luigi Ciotti a Novara per il primo Quaresimale della Cattedrale

IL BACIO DI GIUDA: LE RELAZIONI TRADITE
Luigi Ciotti a Novara per il primo Quaresimale della Cattedrale

«In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Le parole pronunciate da Gesù nell’ultima cena – interpretate dall’attrice Maria Rosa Franchini – risuonano nel Duomo di Novara venerdì 14 marzo, alle 20.45, nell’incontro intitolato “Il bacio di Giuda: le relazioni tradite”. Il commento è affidato a Luigi Ciotti, il sacerdote torinese fondatore del Gruppo Abele e di Libera – Associazione, nomi e numeri contro le mafie –, per mostrare come anche oggi Giuda sia pronto a tradire la fratellanza tra gli uomini per consegnare l’innocente alla violenza, all’indifferenza e all’emarginazione. L’incontro – trasmesso in diretta streaming a 15 sale parrocchiali – è presieduto dal vescovo Franco Giulio Brambilla come il primo di quattro “Quaresimali della Cattedrale”, appuntamenti di formazione e catechesi offerti idealmente all’intero territorio diocesano nell'ambito di Passio 2014, e che vedranno protagonisti il 21 e 28 marzo e il 4 aprile Anna Maria Canopi, il cardinale Gianfranco Ravasi ed Enzo Bianchi. Una catechesi che venerdì oltre alla parola vede protagoniste l’arte e la musica, con gli affreschi della vita di Cristo di Gaudenzio Ferrari, esposti in Duomo e valorizzati da un’apposita illuminazione, e con i commenti musicali di Elisa Marchetti al clarinetto e al clarinetto basso.
Tutte le informazioni sulle catechesi e sull’intero progetto, sono on-line su passionovara.it.

DON LUIGI CIOTTI
Nato a Pieve di Cadore nel 1945, si forma a Torino dove opera dal 1972 come sacerdote impegnato nell’intervento a favore di realtà di degrado sociale, a contatto con le domande e i bisogni più profondi della gente.
Nel 1965 fonda il Gruppo Abele, un’associazione impegnata nella promozione della giustizia sociale, in vicinanza a chi è in difficoltà, per rimuovere ciò che crea emarginazione, disuguaglianza, smarrimento. Il Gruppo Abele è articolato in circa quaranta attività. Fra queste, servizi a bassa soglia, comunità per problemi di dipendenza, spazi di ascolto e orientamento, progetti di aiuto alle vittime di reato e ai migranti e alcuni percorsi di mediazione dei conflitti. E ancora un centro studi e ricerche, una biblioteca, un archivio storico, una libreria, tre riviste, una casa editrice e percorsi educativi rivolti a giovani, operatori e famiglie. Il Gruppo anima progetti di cooperazione allo sviluppo in Africa e in Messico e a Torino un consorzio di cooperative sociali che dà lavoro a persone con storie difficili alle spalle.
Nel 1995 fonda “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità.  La legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l'educazione alla legalità democratica, l'impegno contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera.

PASSIO 2014 IN BATTISTERO, SOGNANDO “A ORECCHI APERTI”

IN BATTISTERO, SOGNANDO “A ORECCHI APERTI”
Giagnoni e Barbaglia nel secondo episodio del Cantico dei Cantici

«Il canto ultimo dedicato a Salomone». La voce di Lucilla Giagnoni scandisce i versi del Cantico dei Cantici, nel secondo incontro dedicato, domenica 16 marzo, nel Battistero del Duomo di Novara, alla lettura del sacro poema d’amore. Le luci soffuse e cangianti, riflesse dall’antica volta dell’edificio paleocristiano, ricreano «la dimensione del sogno che – spiega don Silvio Barbaglia – nella Bibbia è il luogo priviegiato della rivelazione di Dio». Ed è un sognare “a orecchi aperti” quello del Cantico, in cui la visione è rivelata dalla parola, che unita alla musica si fa ancora più intensa nella forma del canto. Ma oltre all’udito trionfano i sensi di gusto e olfatto, che prelundono alla fusione dei corpi, mossi dall’attrazione amorosa. «Sì, le tue effusioni d’amore scaturite dal vino sono le più inebrianti» canta l’amata, in una traduzione – offerta dallo stesso Barbaglia –, che attinge alle intime consonanze del testo con la Scrittura e con la tradizione rabbinica. Il vino infatti è qui bevanda inebriante, ma anche rimando alla tribù di Giuda, cui appartiene il Messia, che il patriarca Giacobbe benedice dal letto di morte come colui che «lucidi ha gli occhi per il vino e bianchi i denti per il latte». E così la fiala odorosa che l’amata custodisce tra i seni contiene quell’olio di mirra con cui si ungono i re e i sacerdoti, consacrandoli a Dio. Riferimenti che conducono il lettore al re più grande che Israele ricordi, Salomone, il figlio di Davide. A lui il Targum – antico testo rabbinico – attribuisce il Cantico, come l’ultimo tramandato delle Scritture, in attesa di quello che canteranno i redenti, nel riscatto dall’esilio che compirà le speranze messianiche. Il canto che in esso risuona non è voce umana, ma quella della Sapienza, dimensione femminile di Dio che cerca l’amato sovrano: «L’ho stretto forte e non lo lascerò, finché non l’abbia condotto nella casa di mia madre». Un abbraccio che è l’arrivederci al prossimo incontro del percorso, domenica 23 marzo alle ore 21, nel Battistero del Duomo di Novara.

PASSIO 2014 GESÙ ALL’ULTIMA CENA

GESÙ ALL’ULTIMA CENA:
IL DILEMMA DEL POTERE TRA CHI STA A TAVOLA E CHI SERVE
Anna Maria Cànopi a Novara per il secondo Quaresimale della Cattedrale

«Io sto in mezzo a voi come colui che serve». Le parole che Gesù rivolge ai discepoli e il gesto emblematico della lavanda dei piedi saranno nel Duomo di Novara, venerdì 21 marzo alle ore 20.45, il tema del secondo Quaresimale della Cattedrale, intitolato “Gesù all’Ultima Cena: il dilemma del potere tra chi sta a tavola e chi serve”. Protagonista dell’incontro sarà madre Anna Maria Cànopi, abbadessa del monastero “Mater Ecclesiae” dell’Isola di San Giulio ad Orta, in una delle sue rarissime uscite dal chiostro.
L’incontro, presieduto dal vescovo Franco Giulio Brambilla, è un appuntamento di formazione e catechesi rivolto all’intero territorio diocesano. Sarà per questo trasmesso in streaming live a 15 sale parrocchiali, raggiungendo anche il pubblico non novarese, che ha già apprezzato la possibilità di vedere in diretta, il 14 marzo scorso, l’intervento in Duomo di don Luigi Ciotti.
I successivi appuntamenti del percorso vedranno la presenza in Duomo del cardinale Gianfranco Ravasi (28 marzo) e di Enzo Bianchi (4 aprile), e di attori e artisti, impegnati nella lettura dei testi e nell’esecuzione di intermezzi musicali.
Il compito sarà affidato, questo venerdì, alla voce di Andrea Piazza – attore e autore teatrale – e alla viola di Riccardo Brumat. Il commento visivo sarà invece offerto dagli affreschi della vita di Cristo di Gaudenzio Ferrari, esposti in Duomo, con la scena della Lavanda dei piedi evidenziata da una apposita illuminazione.
Tutte le informazioni sulle catechesi e sull’intero progetto, sono on-line su passionovara.it

MADRE ANNA MARIA CÀNOPI
Anna Maria Cànopi (Pecorara, 24 aprile 1931) è una monaca benedettina, abbadessa e fondatrice nel 1973 del Monastero “Mater Ecclesiae” nell’Isola di San Giulio, sul lago d’Orta. Scrittrice e cultrice della letteratura dei Padri della Chiesa, ha collaborato all’edizione della Bibbia della Cei, al Catechismo della Chiesa Cattolica e alle edizioni dei nuovi messali e lezionari. Ha preparato il testo della Via Crucis di Giovanni Paolo II al Colosseo nel 1993. Nel 1995 è intervenuta al Congresso della Chiesa italiana di Palermo, rappresentando il monachesimo italiano come espressione del Vangelo della carità incarnato nella vita contemplativa. Nello stesso anno ha dato la sua testimonianza di monaca benedettina al Convegno dei giovani europei tenutosi a Loreto.

PASSIO 2014 NELLA VITA E NELLA MALATTIA, LA LUCE DI UN SORRISO

NELLA VITA E NELLA MALATTIA, LA LUCE DI UN SORRISO
Jankovic e Aceti: ascolto e parola sono le migliori medicine

«Un giorno senza sorriso? È un giorno perso!». È un pensiero preso a prestito da Charlie Chaplin quello che Momcilo Jankovic – medico specialista di leucemia infantile – rivolge alla platea dell’auditorium “Cantelli” di Novara, mercoledì 19 marzo, nell’incontro “Un sorriso per crescere” proposto nell’ambito di “Passio 2014”. «Un bambino malato ha infatti bisogno di speranza – spiega il dottore –, che si costruisce con un dialogo autentico e sereno, fatto di ascolto, condivisione di emozioni e accoglimento del dolore. Così il paziente e il medico trovano insieme, giorno per giorno, le energie per lottare appassionatamente per la vita». Una vita che «è sempre dura – gli fa eco il pedagogista Ezio Aceti, protagonista con lui della serata – ma è anche felice! Per scoprirlo occorre imparare il coraggio e la fatica di rialzarsi dopo le cadute, pronti a ricominciare». Un coraggio che i bambini devono imparare dai loro genitori. «Ma come insegnare ai nostri figli a gestire le emozioni – chiede Maria Mattioli, pedagogista e moderatrice dell’incontro –, senza arrendersi ai fallimenti?». «La chiave sta – risponde Aceti – nel costruire relazioni profonde, fatte di ascolto e di parole vere, che diano senso agli accadimenti della vita. Così l’uomo e la donna imparano a vivere le emozioni, con intensità ma senza lasciarsi dominare». Dare un nome ai sentimenti, quindi, per poterli condividere, specialmente quando la vita è a rischio, perché – commenta Jankovic – «il dolore può essere combattuto con la morfina, ma la paura no». È il volto di una medicina che mette al centro l’uomo, e così riesce a ottenere la guarigione di oltre il 70% dei piccoli pazienti. «E io sono uno di quelli! – si leva una voce dalla sala –. Forse non si ricorda di me…, sono Adolfo!», e un giovane uomo corre sul palco ad abbracciare commosso il medico che lo ha guarito, quando era bambino. «Questo accade – conclude il vescovo Franco Giulio Brambilla – quando impariamo a curare non la malattia, ma il malato, per correre insieme con lui la sfida della vita».

PASSIO 2014 IL CANTICO DEI CANTICI, SCRIGNO DI SUGGESTIONI BIBLICHE

IL CANTICO DEI CANTICI, SCRIGNO DI SUGGESTIONI BIBLICHE
Giagnoni e Barbaglia nel terzo episodio del Cantico dei Cantici

«Questi quadri nel mio pensiero non rappresentano il sogno di un solo popolo, ma quello dell’umanità», scrive Marc Chagall donando al Museo nazionale del messaggio biblico di Nizza le sue tele. E tre di esse, dedicate al Cantico dei cantici, sono riprodotte ed esposte al pubblico, riunito nel Battistero del Duomo di Novara domenica 23 marzo per il terzo incontro del percorso dedicato alla lettura e al commento dell’antico testo biblico. «Le forme e i colori trasmettono l’atmosfera di sogno che permea il Cantico – spiega il biblista don Silvio Barbaglia –. Si vedono le immagini dell’amata e dell’amato, i profili di Vitebsk e Saint Paul de Vence, città natale e di adozione di Chagall, e di Gerusalemme. E variopinte figure di oggetti e di animali, densi di valore simbolico, oltre che decorativo». Lo stesso accade nel testo del Cantico, dove scene e immagini rimandano al ricco tessuto dell’immaginario biblico. «Il mio amato, sì, assomiglia a una gazzella o a un cucciolo di cervo. Rieccolo! È lì in piedi, dietro al nostro muro, e scruta dalla finestre e osserva tra le grate», legge l’attrice Lucilla Giagnoni. Parole che riecheggiano i versi di un antico canto d’amore egiziano, ma anche quelli con cui il libro del Siracide descrive l’uomo che, cercando donna Sapienza, giunge a seguirla fino alla sua casa, per spiare alle finestre e a stare ad ascoltare sulla porta. «Il fico fa maturare i suoi primaticci e le viti in fiore esalano profumo! Alzati o mia compagna, o mia bella, vieni!», esclama l’amato, con immagini primaverili, tipiche della poesia amorosa. Ma che evocano in chi conosce le Scritture la prosperità di Israele sotto il regno di Salomone, quando «Giuda e Israele erano al sicuro; ognuno stava sotto la propria vite e sotto il proprio fico», e il comando «esci dalla tua terra» che Dio rivolge al patriarca Abramo perché si alzi e vada verso la terra che gli sarà indicata. E il paragone «colomba che stai nelle fenditure della roccia» rimanda al racconto del diluvio, in cui la colomba porta a Noè un ramoscello di ulivo, segno del prosciugamento delle acque e allusione simbolica all’olio per l’unzione del Messia. L’idillio amoroso è interrotto dal brusco intervento di un nemico: «ci hanno depredato sciacalli, sciacalli che devastano giovani vigne, le nostre vigne in fiore». Un’immagine che ricorda il lamento del profeta Geremia che piange la disfatta di Gerusalemme: «Il monte di Sion è desolato, vi scorrazzano sciacalli». Ma le ombre svaniranno e torneranno la pace e la gioia dell’amore, che si compie nell’abbraccio: «le tue labbra stillano nettare, o sposa, c’è miele e latte sotto la tua lingua». È l’arrivederci al prossimo incontro, il 30 marzo alle 21, nel Battistero del Duomo di Novara.

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PASSIO 2014 IL GRIDO DELL'UOMO NELL’ORTO DEL SILENZIO

IL GRIDO DELL'UOMO NELL’ORTO DEL SILENZIO
L’agonia di Gesù secondo Gianfranco Ravasi nel terzo Quaresimale della Cattedrale

«Rasenta la bestemmia, ma è più caro a Dio della preghiera tranquilla del benpensante». Così il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, descrive il grido di Gesù che sale dall’orto degli Ulivi nel terzo Quaresimale della Cattedrale, a Novara, venerdì 28 marzo. Un grido che riassume in sé il dolore dell’umanità che soffre e si interroga sul “silenzio assordante” di un Dio che sembra assente e lontano nel momento della prova. E il suo gemere trova eco nel commento musicale di Giuseppe Tosatti, con il suono del flauto che «nella tradizione mistica dei dervisci esprime la nostalgia profonda dell’anima che anela a Dio, come la canna del flauto piange la radice del canneto da cui traeva linfa vitale». «La paura della morte, l’abbandono e il tradimento degli amici, la tortura. Gesù sperimenta tutta la gamma della sofferenza umana – spiega Ravasi –, e si rivolge al Padre in una preghiera che i Vangeli non temono di descrivere come una lotta, supplicando che non debba bere il calice della prova, simbolo dell’ira che annienta i nemici. In lui Dio non si è semplicemente chinato sull’uomo, ma è entrato lui stesso nel nostro limite, nella nostra caducità e mortalità». Ma «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà», legge Lucilla Giagnoni, prestando la voce a Gesù nella lettura del Vangelo secondo Matteo. Perché, commenta Ravasi, «nella lotta la volontà dell’uomo e quella di Dio giungono al punto d’incontro, e la vita subisce una svolta radicale. Come accadde al patriarca Giacobbe, quando lottò con Dio presso il torrente Iabbok e fu dal lui benedetto con nuovo nome di Israele. E come accadde ad Abramo, quando Dio lo chiamò a offrire in sacrificio il suo figlio Isacco, per diventare padre di moltitudini». Così nell’orto degli Ulivi – conclude il vescovo Franco Giulio Brambilla – «l’umanità nuova di Cristo non è solo accanto a noi, ma entra in noi, per trasformarci intimamente e renderci simili a lui nell’obbedienza fiduciosa al Padre».

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PASSIO 2014 IN BATTISTERO UNA COLONNA DI FUMO

IN BATTISTERO UNA COLONNA DI FUMO
Tra effluvi di incenso, Giagnoni e Barbaglia nel quarto incontro sul Cantico dei Cantici

«Che cos’è che sale dal deserto, simile a colonna di fumo, profumata di mirra e di bianco incenso…?», legge Lucilla Giagnoni. E una nuvola di denso fumo aromatico si solleva, la sera del 30 marzo, nel Battistero del Duomo di Novara, dal braciere su cui don Silvio Barbaglia versa l’incenso nel quarto incontro dedicato alla lettura e al commento del Cantico dei Cantici. Un’usanza della liturgia cristiana, mutuata dalle celebrazioni del Tempio, la “casa” che Salomone ha costruito per il Dio di Israele nella città di Gerusalemme secondo la profezia rivolta a suo padre, il re Davide: «… Susciterò un tuo discendente dopo di te, uno dei tuoi figli, e renderò stabile il suo regno. Egli mi edificherà una casa... Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio». Ed è lui che ora avanza verso la città santa, trasportato da sontuosa lettiga, nel giorno delle sue nozze. Ne danno l’annuncio i custodi, chiamando a raccolta le figlie di Sion. Ma egli non ha occhi che per lei, la sua amata, che scruta attraverso i veli, descrivendola con ardite e vivaci metafore. Un’eccitazione dei sensi che riecheggia il Salmo 45, in cui la sposa è condotta al re, invaghito dalla sua bellezza. «Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio: dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre», la invita il salmista, secondo il costume che in Israele vede la donna essere accolta come figlia nella casa di lui. Ma nel Cantico l’amplesso amoroso si consuma nella casa di lei. «Giardino chiuso tue sei, sorella mia, mia sposa», la chiama l’amato. Essa è donna Sapienza, che Salomone – accolto da Dio come figlio – impara ad amare come sorella e a desiderare come compagna. «È lei che ho amato e corteggiato fin dalla mia giovinezza, ho bramato di farla mia sposa», confida sedotto. «Venga l’amato mio nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti», lo invita l’amata. «Mangiate, amici, bevete; inebriatevi d’amore», risponde lui, nell’abbraccio amoroso.

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2 APRILE anniversario della scomparsa di Papa Giovanni Paolo II

Papa Giovanni Paolo II anniversario morte: nove anni fa se ne andava l’amato Karol Wojtyla

Era il 2 aprile del 2005 quando, alle 21:37, morì Papa Giovanni Paolo II. Al momento dell’annuncio ufficiale migliaia di persone si erano raccolte spontaneamente davanti alla Basilica di San Pietro dando vita a una veglia di preghiera che praticamente si svolse senza sosta fino al giorno del funerale, venerdì 8 aprile.
Karol Józef Wojtyla fu eletto papa il 16 ottobre 1978, il primo maggio 2011 è stato proclamato beato dal suo successore Benedetto XVI (nella storia della Chiesa non capitava da circa un millennio che un papa proclamasse beato il proprio immediato predecessore). Il 30 settembre 2013 viene comunicato che verrà proclamato santo il 27 aprile 2014, insieme al predecessore Giovanni XXIII
Giovanni Paolo II appena salito al soglio pontificio intraprese una vigorosa azione politica e diplomatica contro il comunismo e l’oppressione politica, appoggiò movimenti come solidarnosc che di loro disse: “Solidarnosc ha aperto le porte alla libertà nei Paesi resi schiavi dal sistema totalitario! Ha abbattuto il Muro di Berlino e ha contribuito all’unità dell’Europa divisa dai tempi della seconda guerra mondiale. Mai dobbiamo cancellare questo dalla nostra memoria. Questo evento fa parte del nostro patrimonio nazionale”. Il pontefice polacco ha sempre negato di avere avuto lui, personalmente, un ruolo decisivo nella caduta del comunismo, ma ha sempre rivendicato il ruolo portante che in tale caduta hanno avuto il cristianesimo, Solidarnosc e la Polonia.
Il 13 maggio 1981, Papa Giovanni Paolo II subì un attentato da parte di Mehmet Ali Ağca, un killer professionista turco, che gli sparò due colpi di pistola in una piazza San Pietro gremita di gente. Due anni dopo, nel Natale del 1983, Giovanni Paolo II volle incontrare il suo attentatore in prigione e rivolgergli il suo perdono. I due parlarono da soli e gli argomenti della loro conversazione sono tuttora sconosciuti.
Il Wojtyla è considerato uno degli artefici del crollo dei sistemi controllati dall’ex Unione Sovietica. Combatté la Teologia della liberazione, papa Giovanni Paolo II disse a tal proposito che la “concezione di Cristo come politico, rivoluzionario, come il sovversivo di Nazaret, non si compagina con la catechesi della Chiesa”, e stigmatizzò il capitalismo sfrenato e il consumismo, considerati antitetici alla ricerca della giustizia sociale, causa d’ingiustificata sperequazione fra i popoli e lesivi della dignità dell’uomo. Wojtyla si oppose fermamente all’aborto e all’eutanasia, e confermò l’approccio tradizionale della Chiesa sulla sessualità umana, sul celibato dei preti, sul sacerdozio femminile.
Fu un grande sportivo, dalla sua adolescenza fino a quando la salute glielo consentì, tanto da essere soprannominato “l’atleta di Dio”. (foto by InfoPhoto)
Successivamente il parkinson e i problemi osteoarticolari lo immobilizzarono e lo resero prigioniero del suo corpo, questo non impedì al pontefice di terminare la sua missione e non nascose mai il suo corpo ormai debilitato.
Il cardinale Angelo Amato riassunse con queste parole il profilo biografico del futuro santo, in particolare “il suo servizio alla pace” citando la “mite fermezza” con la quale ha vissuto in “tempi di radicali trasformazioni, promuovendo con autenticità la dignità dell’uomo”.

PASSIO 2014 UNA “VIA CRUCIS PER IL III MILLENNIO”

UNA “VIA CRUCIS PER IL III MILLENNIO”
Suor Maria Gloria Riva e Bob Rattazzi raccontano l’arte di Jerzy Duda Gracz

«Una salita al Calvario dipinta con le immagini dell’oggi». Così suor Maria Gloria Riva, fondatrice del monastero delle adoratrici perpetue del Santissimo Sacramento di Pietrarubbia, ha definito l’opera “Via Crucis per il terzo millennio”, del pittore polacco Jerzy Duda Gracz, nell’incontro di “Passio” di martedì 1 aprile nella sala Maddalena del Palazzo dei Vescovi. «Siamo nella vigilia del giorno in cui, nove anni fa, moriva il beato Giovanni Paolo II – ha ricordato Pietro Toscani, presidente de La Nuova Regaldi e organizzatore dell’incontro, insieme con Luciana Graceffo e Laura Ganzerla –. Ed è proprio grazie all’incontro con questo papa, nel suo primo viaggio in terra polacca, che l’autore si è convertito alla fede cristiana». Una terra sempre presente nei dipinti della Via Crucis di Gracz, attraverso i personaggi che vi sono ritratti e i simboli della sua storia recente. Così lo stesso Giovanni Paolo II, padre Popiełuszko – ucciso dal regime comunista negli anni ’80 – e Massimiliano Kolbe – martire ad Auschwitz – compaiono nelle tele, e i pali stessi dei reticolati del campo di concentramento formano il letto su cui il Cristo viene deposto dopo la morte. «Gesù cammina con il popolo di Polonia – spiega suor Maria Gloria –, ma in questi quadri i suoi piedi non si vedono mai. Si mescolano con i nostri, sono i piedi che camminano con noi e che sostengono il peso stesso del mondo». I dipinti si fanno denuncia di una società e di una Chiesa che troppo spesso è connivente con il potere, e che diviene cieca e incapace di farsi voce dei deboli. E sono loro – bambini, anziani, una prostituta – che dai quadri volgono lo sguardo agli spettatori, chiamandoli a condividere il loro dramma. «I piedi di Cristo compaiono infine nella crocifissione, enormi e in primo piano, come i piedi che hanno percorso un cammino di millenni», spiega suor Maria Gloria. È l’ultimo, doloroso episodio di una storia che si apre ai colori della speranza con le scene della Risurrezione e dell’ascensione, evocate dalle parole di Giovanni Paolo II, lette da Bob Rattazzi, allenatore di basket impegnato nell’integrazione tra ragazzi portatori di handicap e normodotati, e protagonista della serata insieme con suor Maria Gloria: in esse «Gesù mostra che l’umanità alla fine della vita non è votata alla all’immersione nell’oscurità, al vuoto esistenziale dissoluzione e alla voragine del nulla, ma è votata all’incontro con il Padre».
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lunedì 17 marzo 2014

NON MI INDIGNO DI GIUDA, MA GUARDO DENTRO DI ME marzo 2014

Luigi Ciotti inaugura i Quaresimali della Cattedrale
NON MI INDIGNO DI GIUDA, MA GUARDO DENTRO DI ME 

«C’è un frammento di Giuda in ciascuno di noi, con i nostri piccoli tradimenti. Dobbiamo riconoscerlo, perdonarlo, ma sradicarlo ogni giorno di più dal nostro animo». 
Le parole di don Luigi Ciotti, il sacerdote torinese fondatore del Gruppo Abele e di “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, risuonano con forza venerdì sera (14 marzo 2014) nel Duomo di Novara per il primo “Quaresimale della Cattedrale”, uno degli eventi di punta di “Passio 2014, arte e cultura attorno al mistero pasquale”, che oltre ai circa mille presenti ha raggiunto numerose altre persone attraverso la diretta streaming in 15 sale parrocchiali della Diocesi. “Il bacio di Giuda. Le relazioni tradite”, questo il tema della serata, esplorato anche con l’ausilio dell’arte di Gaudenzio Ferrari, grazie alla riproduzione di un’affresco dalle 21 Scene della vita di Cristo, – quella della cattura di Gesù nell’orto degli Ulivi – evidenziato da un apposito gioco di luce, e alla lettura dell’attrice Maria Rosa Franchini che, accompagnata dal suono dei clarinetti di Elisa Marchetti, ha interpretato il brano del Vangelo secondo Giovanni che narra il tradimento di Giuda. 

«Un tradimento – ha sottolineato nella sua introduzione il vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla – che si ritrova anche in storie che in questi ultimi anni hanno avuto come teatro la nostra città, con adolescenti, donne e persone con i quali la relazione è stata ferita, tradita, vilipesa. Perché quando è in gioco il massimo dell’amore, esso può stravolgersi nel massimo del tradimento». 

Il confronto tra Gesù e Giuda – ha ricordato Ciotti – simboleggia non solo il conflitto tra bene e male, ma anche tra la verità e la menzogna, perché «la verità dell’uomo è dare, donare, farsi carico, prendersi cura di chi è debole e piegato dalla vita. Giuda invece agisce nella notte: quando manca la luce, diventa più facile nascondersi, e l’indifferenza e la rassegnazione sono le più grandi povertà». 
Accanto ad esse l’Italia vive anni di povertà materiale, nei quali a fronte dei 34 miliardi di dollari spesi gli armamenti, lo Stato fatica a trovare fondi per le politiche sociali: «9 milioni di persone sono in stato di povertà relativa, 5 milioni in povertà assoluta, 7 milioni in situazioni di disagio lavorativo. E non sono numeri, ma volti di persone». 
Ma non è giusto lasciarsi prendere dallo sconforto, e per sostenere la speranza, – prosegue Ciotti – occorre impegnarsi contro l’ingiustizia con il coraggio di compiere scelte scomode, rifiutando i compromessi e seguendo l’esempio di don Pino Puglisi e da don Peppino Diana, sacerdoti uccisi per il loro impegno antimafia, che con la loro azione hanno saputo rompere il muro dell’indifferenza e mobilitare le coscienze. 
Perché di fronte al male non basta indignarsi, conclude don Ciotti, ma occorre darsi da fare: «non mi indigno di Giuda ma guardo dentro di me. Gesù ci chiede di essere severi con noi stessi ma buoni e tolleranti con gli altri, per comprendere le loro fragilità e renderci forti con il perdono. L’indignazione si guarisce restituendo dignità, prendendosi cura dell’altro e cercando di diventare motori di cambiamento».


I BRANI ESEGUITI DA ELISA MARCHETTI (CLARINETTO E CLARINETTO BASSO)
G. Verdi Ernani Preludio atto III
Z. Kodály Danze di Galata
G. Verdi La forza del destino Solo atto II
B. Kovács Hommage à C. M. von Weber Introduzione, Tema e Variazione IV

PRESENTAZIONE
«Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». Nell’Orto degli Ulivi, il segno di una fratellanza tra gli uomini rinnegata e dimenticata, per vendere l’innocente per trenta denari. Una storia che si ripete ogni giorno, nei rapporti umani distorti da diseguaglianza ed emarginazione che invocano la conversione dell’uomo.

IL BACIO DI GIUDA: LE RELAZIONI TRADITE
Luigi Ciotti a Novara per il primo Quaresimale della Cattedrale

«In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Le parole pronunciate da Gesù nell’ultima cena – interpretate dall’attrice Maria Rosa Franchini – risuonano nel Duomo di Novara venerdì 14 marzo, alle 20.45, nell’incontro intitolato “Il bacio di Giuda: le relazioni tradite”. Il commento è affidato a Luigi Ciotti, il sacerdote torinese fondatore del Gruppo Abele e di Libera – Associazione, nomi e numeri contro le mafie –, per mostrare come anche oggi Giuda sia pronto a tradire la fratellanza tra gli uomini per consegnare l’innocente alla violenza, all’indifferenza e all’emarginazione. L’incontro – trasmesso in diretta streaming a 15 sale parrocchiali – è presieduto dal vescovo Franco Giulio Brambilla come il primo di quattro “Quaresimali della Cattedrale”, appuntamenti di formazione e catechesi offerti idealmente all’intero territorio diocesano nell’ambito di Passio 2014, e che vedranno protagonisti il 21 e 28 marzo e il 4 aprile Anna Maria Canopi, il cardinale Gianfranco Ravasi ed Enzo Bianchi. Una catechesi che venerdì oltre alla parola vede protagoniste l’arte e la musica, con gli affreschi della vita di Cristo di Gaudenzio Ferrari, esposti in Duomo e valorizzati da un’apposita illuminazione, e con i commenti musicali di Elisa Marchetti al clarinetto e al clarinetto basso.



DON LUIGI CIOTTI
Nato a Pieve di Cadore nel 1945, si forma a Torino dove opera dal 1972 come sacerdote impegnato nell’intervento a favore di realtà di degrado sociale, a contatto con le domande e i bisogni più profondi della gente.
Nel 1965 fonda il Gruppo Abele, un’associazione impegnata nella promozione della giustizia sociale, in vicinanza a chi è in difficoltà, per rimuovere ciò che crea emarginazione, disuguaglianza, smarrimento. Il Gruppo Abele è articolato in circa quaranta attività. Fra queste, servizi a bassa soglia, comunità per problemi di dipendenza, spazi di ascolto e orientamento, progetti di aiuto alle vittime di reato e ai migranti e alcuni percorsi di mediazione dei conflitti. E ancora un centro studi e ricerche, una biblioteca, un archivio storico, una libreria, tre riviste, una casa editrice e percorsi educativi rivolti a giovani, operatori e famiglie. Il Gruppo anima progetti di cooperazione allo sviluppo in Africa e in Messico e a Torino un consorzio di cooperative sociali che dà lavoro a persone con storie difficili alle spalle.

Nel 1995 fonda “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità. La legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l'educazione alla legalità democratica, l'impegno contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera.