venerdì 29 dicembre 2017

2017_12_27 Ci sono Papi e "papi" meditazione con le parole di don Renato

27 dicembre 2017, un post, post-Natale
Papi da usare
A rovinare il Natale almeno ci ha provato. 
Matteo Salvini, ormai lanciato nella campagna elettorale, per avere un po’ di visibilità, non ha esitato a criticare papa Francesco, proprio nel giorno di Natale. 
L’occasione era ghiotta.  
E così ci tocca leggere le parole di Salvini contro Papa Francesco, contro i suoi interventi natalizi in favore dell'accoglienza. 
Matteo (ndr non quello del Vangelo) gioca la carta dei ‘papi’: usa un Papa emerito (Benedetto) contro un altro Papa (Francesco). 
Un uso strumentale, finalizzato al proprio potere, per stimolare, anche a Natale, i peggiori sentimenti che si annidano in chi difende i valori cristiani, ma  sull’accoglienza, Ius soli, ecc... il Papa esagera!
Salvini cavalca e fomenta il malcontento nei confronti di Papa Francesco, che, a dire il vero, non fa altro che richiamarsi al Vangelo. 
Ma Salvini è furbo, e ‘usa’ tutto ciò che gli può far comodo, fossero anche due ‘papi’.
Si vede che ‘papi’ è una parola magica.
Si vede che i ‘papi’ fanno vincere, fanno crescere il consenso. 
Come non ricordare un altro politico, anche lui lombardo, Presidente del Consiglio e abbastanza chiacchierato proprio perchè alcune ragazze lo chiamavano ‘papi’. Nonostante critiche, processi e quant’altro è ancora lì che lotta per il potere. 
Come e con Salvini. 
Per il potere non si guarda in faccia a nessuno, nè ai profughi nè ai ‘papi’. Si usa tutto quello che serve! E, chissà, se dovesse servire, c’è da aspettarsi anche un nuovo... vangelo secondo Matteo Salvini.  L’importante è vincere.
ringrazio per il messaggio ricevuto
don Renato Sacco, coordinatore Nazionale di Pax Christi

FIRMA PER LA PACE
il tuo 5 PER MILLE a PAX CHRISTI
COD. FISC. 94060130484

martedì 24 ottobre 2017

2017_10_24 Se costruiamo un pollaio per ogni gallina ... finiremo spennati?

Se costruiamo un pollaio diverso per ogni qualità di galline... costruiremo tanti recinti, tanti pollai, ma poi ci accorgeremo che ogni gallina è diversa dalle altre, e quindi faremo un pollaio per ogni gallina”. 

È un’immagine che usava spesso l’amico don Renzo Scapolo, morto qualche mese fa a Como, fondatore di Sprofondo e molto legato a Sarajevo, dove ha vissuto per diverso tempo durante la guerra. 
Credo sia un commento che ben si addice anche al referendum della scorsa domenica in Veneto e Lombardia. 
Non aggiungo commenti miei. 
Ma vi invito a leggere quanto uscirà su Mosaico di pace del mese di Novembre, a firma di Sergio Paronetto, di Verona, Presidente del Centro Studi di Pax Christi. “Un localismo nevrotico, divisivo, escludente. 
La consultazione referendaria del 22 ottobre... era inutile, dannosa, strumentale, propagandistica, centralistica, demagogica... Su iniziative simili prossime alla logica dei populismi tribali o delle patrie carnali, sul danno sociopolitico e sull’effetto boomerang di alcune esperienze, è bene risvegliare un'attiva vigilanza. Spesso le ossessioni identitarie cominciano col sorriso e finiscono con la ferocia delle armi o con un'ulteriore dipendenza”.

Concludo riportando due commenti che mi sono arrivati ieri via sms da persone amiche.

Il primo: “Ognuno per sé e degli altri chissenefrega. Ma non serve neanche discuterne. Anche quelli di 20 anni la pensano allo stesso modo. Medioevo.

E l’altro: “A differenza delle bestie abbiamo bisogno di recinti per vivere, incapaci di godere della libertà che il creato offre a ogni creatura vivente”.

d. Renato Sacco, Coordinatore nazionale di Pax Christi

lunedì 16 ottobre 2017

2017_10_14 Quando i ricordi svaniscono, convegno Alzheimer a Vigevano

Qualcuno forse avrà visto il film STILL ALICE, un film nel quale la protagonista che era medico e sapeva benissimo come si sarebbe sviluppata la malattia dell'Alzheimer pur di non soffrire nel momento dello sviluppo di questa patologia di un degrado assoluto della sua condizione di vita si prepara anche una scappatoia estrema quella di potersi suicidare qualora si rendesse conto delle condizioni in cui era ridotta Registra un video nel quale viene auto spiega come prendere le pastiglie mortali Ma quando sarà il momento nemmeno questa azione sarà più possibile eseguirla.
Al Centro Sociale Anziani di Via Sacchetti a Vigevano si è tenuto, sabato 14 ottobre 2017 ore 10:30-12:30 un convegno sul tema.
L'Alzheimer è la famiglia il mondo della demenza visto e raccontato dai familiari l'incontro si è svolto partendo dalla presentazione di un libro di Manuela Donghi intitolato visto con i tuoi occhi nel qual è la scrittrice racconta di un dramma personale vissuto con la malattia della madre successivamente ci sono stati alcuni interventi tecnici coordinati dal dottor Anton Maria mussini direttore sanitario della RSA de Rodolfi che hanno toccato termini più tecnici Peccato che il tempo più importante sia stato dedicato in parte alla pubblicità del libro con tanto di video pubblicato e in parte con gli interventi elettorali un rappresentante della Lega che è venuto a parlare del referendum per l'autonomia Lombarda anziché di politiche sanitarie.
Punto di riferimento per chi è coinvolto come paziente o familiare di paziente si segnala il Centro Neuropsicologico del Polo Geriatrico (dr.ssa Simona Mennuni) in collaborazione con Università di Pavia (Dr. Nicola Allegri) e la fondazione Mondino di Pavia oltre all'Associazione Famiglia Alzheimer.
Punto di riferimento per informazioni e contatti l'Aziende Servizi al sito www.asmv.it

Malattia di Alzheimer

Il sintomo precoce più frequente è la difficoltà nel ricordare eventi recenti. Con l'avanzare dell'età possiamo avere sintomi come: afasia, disorientamento, cambiamenti repentini di umore, depressione, incapacità di prendersi cura di sé, problemi nel comportamento. Ciò porta il soggetto inevitabilmente a isolarsi nei confronti della società e della famiglia. A poco a poco, le capacità mentali basilari vengono perse. Anche se la velocità di progressione può variare, l'aspettativa media di vita dopo la diagnosi è dai tre ai nove anni.

“È davvero tutto quello che posso fare, vivere il momento”, afferma un’intensa Julianne Moore da Oscar, che interpreta una donna che si ritrova a combattere contro una forma precoce di Alzheimer: l’adattamento cinematografico del 2014 del romanzo Perdersi della neuroscienziata Lisa Genova si intitola Still Alice.




domenica 8 ottobre 2017

2017_10_08 Echi di PNR (Paganini, non, ripete?)

#Nel Mondo Quanta Violenza c'è?


Anche YourAccademy crede in PNR. Un ringraziamento particolare a Fabio Scognamiglio e al suo team per il sostegno a quella che sta diventando una nuova iniziativa editoriale. Con il PNR39 dedicato alla Violenzavs. Regole, anche noi vogliamo contribuire allo splendido lavoro del CNAC - Centro Nazionale Anti Cyberbullismo - ospitandone un intervento. 

Quanta violenza c'è nel mondo attuale? La violenza intorno a noi è aumentata. O forse è una percezione errata. I numeri sono quelli di sempre, nella media. Piuttosto cambiano le situazioni. La nostra impressione è amplificata dai media, nella loro disperata ricerca di un’audience che ne giustifichi l’esistenza, e in molti casi, il narcisismo patetico dei suoi autori. E’ tuttavia indubbio che il rifiuto della violenza nel convivere ha finito per divaricarsi parecchio: 

- Da una parte il rifiuto della violenza in nome dell’utopia e del bene assoluto, dal consenso tra tutti, dal comune riconoscersi in una verità trascendente a titolo religioso od ideologico, 

- Dall’altra il rifiuto della violenza (privo di utopia) che della violenza contesta la legittimità costruendo un meccanismo duttile che la circoscriva e ne inibisca l'uso nelle dure relazioni della vita tra una miriade di esseri umani diversi e di materiali con tantissime caratteristiche. 

PNR ovviamente sceglie questa seconda strada ma il clima mediatico continua a percorrere la prima.

Ciò non  impedisce a PNR di avvertire che sotto il profilo emotivo i fatti quotidiani ci sono. Las Vegas, Barcellona, gli omicidi, gli stupri ignobili su donne e bambini, la rabbia contro il diverso, il senso fastidioso di scarsa sicurezza, e così via. Però è un grave errore cedere all’emotività e distorcere la realtà pensando che la violenza siamo noi, le istituzioni che abbiamo costruito per proteggere la nostra convivenza, la burocrazia, il fisco, la scuola con le sue interrogazioni e quelle lezioni frontali in cui riversa nozioni sui bambini , le stesse regole del vivere comune.

Il modello dello zoon politikon rinascimentale, cioè dell’uomo (non ancora cittadino) votato alla polis e alla società non trova riscontro nella realtà delle cose. Homo Homini Lupus è la più pragmatica comprensione della realtà. Per Hobbesla competizione per la sopravvivenza è causa di violenza. Dunque non va cercata la colpa della violenza che èsemplicemente un dato di fatto della realtà. E’ il Leviatano, cioè lo Stato, inteso per la prima volta nella storia come comunità di cittadini, che si da la regola di essere il solo a poter esercitare la violenzaE come lo fa? Attraverso le leggi e la penaChe all’opposto di quello che sostiene chi si oppone alla violenza in nome dell’utopia, non manifestano violenza ma regole da rispettare per costruire di continuo un sistema che circoscriva la violenza togliendole arbitrarietà. Lo Stato, in quanto Sovrano, ha questa facoltà. 


Per Benjamin, “solo lo Stato ha un suo diritto all'uso della violenza”. Ogni ordinamento giuridico si fonda sul rapporto più elementare tra fini e mezzi. Nel tempo i fini si allontanano sempre più dalla violenza e lo stesso fanno i mezzi, i quali però tendono a ricordare che la vita sociale non è mai un bene e richiede almeno il rispetto delle regole scelte, una sorta di proiezione della durezza dei vincoli naturali. Sembra un assunto semplice che facilita qualsiasi analisi critica. La questione dunque  si sposta sui fini, giusti o sbagliati.

Ma rispetto all’epoca di Hobbes, il vorticoso confliggere tra le idee e le iniziative dei cittadini ha mostrato che la scelta dei fini non è un mero problema morale né è bene riconoscerla direttamente allo Stato. Occorre riservarla alle scelte che i cittadini fanno votando, che sono sempre provvisorie e revocabili in base ai risultati, e che l’esperienza ha mostrato essere molto efficaci per migliorare le condizioni del convivere. Scegliere i fini attraverso il darsi regole di convivenza, ha sfoltito enormemente il livello, l’estensione e l’arbitrarietà dell’uso della violenza nell’ambito di una società civileMa anche così non dobbiamo cancellare la memoria della durezza dei rapporti di fondo del vivere. Che richiedono appunto conoscere di più, lavorare tanto e non consumare irresponsabilmente ciò che abbiamo ottenuto con il lavoro, adeguare le regole per normare la composizione del disaccordo.

Il 2 Ottobre abbiamo celebrato Gandhi che della non violenza fece una forma di disobbedienza. Eppure anche la non violenza di Gandhi fuori del contesto resta anch’essa di fatto, una violenza. Il punto è quello di valorizzare il disaccordo, il conflitto democratico tra i diversi punti di vista.

Questo PNR39 che abbiamo voluto dedicare alla violenza raccoglie le rapide ma profonde riflessioni di G. Brenelli, R. Morelli, C. Bistolfi, S. Ferrara, B. FianiPocah, R. Ruggiero, M. Serra, P. Tatafiore, L. Vaccarella.

sabato 23 settembre 2017

2017_09_05 Gli scemi del Mediterraneo

Gli scemi del Mediterraneo  
“Non siamo gli scemi del Mediterraneo, dobbiamo difendere i nostri interessi in Egitto e anche in Libia, investimnenti italiani compresi”. 
Questi in sintesi i concetti espressi da Alfano, Cicchitto, Casini durante l’audizione dello scorso 4 settembre, davanti alle Commissioni Esteri di Camera e Senato sul ritorno del nostro Ambasciatore in Egitto, dopo l’uccisione di Giulio Regeni.
Mica siamo scemi, dobbiamo pensare ai nostri interessi. E quindi all’Egitto coninuiamo a vendere armi, e con la Libia facciamo accordi anche se sappiamo di fosse comuni con migranti torturati e uccisi, come scrive Nello Scavo sull’Avvenire di oggi.
Ma noi mica siamo gli scemi del Mediterraneo.
E a Regeni, che non era in Egitto per studiare !! (come sostiene il deputato Pini) possiamo dedicare una scuola, dice il ministro Alfano.
Mica sono scemo, potrà allora dire tranquillamente il figlio ai genitori che gli fanno le raccomandazioni, adesso che inizia la scuola: io penso ai fatti miei.
Mica sono scemo, risponderanno gli alunni agli insegnanti che a scuola cercheranno di educare alla Costituzione, ad alcuni valori fondamentali della vita.
E così potremmo andare avanti: 
mica sono scemo a pagare le tasse;  
mica sono scemo a fare la pace, possono dire Trump, Putin, Assad, o il Coreano Kim Jong-un. E
 così la politica, invece di trasmetterci i grandi ideali su cui fondare la convivenza umana, ci trasmette la logica del mica sono scemo.  

Dove ci porta questa strada?

Domenica scorsa abbiamo pregato per Giulio Regeni, a 19 mesi dalla sua morte, e per lui continuiamo a chiedere verità; non vorremmo aver scoperto un'altra tragica verità su cui si poggia certa politica, quella del mica sono scemo.
No. 
Non ci rassegniamo a questa logica. A costo di passare per scemi.

d. Renato Sacco, coordinatore Nazionale di Pax Christi
L’opinione di... Renato Sacco  – Mosaico di Pace, 5 settembre 2017

2017_09_23 No a san Giovanni XXIII Papa come patrono esercito italiano

Siamo infatti convinti che la vita e le opere del Santo papa non possano essere associate alle forze armate.
Come può proprio lui, il Papa della Pacem in Terris, il Papa del Concilio Vaticano II e delle genti, l’uomo del dialogo…
proteggere un corpo armato che, per sua natura, imbraccia mezzi di morte e distruzione?    ….
In un mondo segnato da una “terza guerra mondiale a pezzi”, da un aumento vertiginoso delle spese militari, da nuovi muri che si innalzano tra popoli e frontiere, la nostra Chiesa non ha bisogno di santi che proteggano gli eserciti quanto piuttosto di valorizzare il senso e l’amore per la pace, quella disarmata, fondata sulla verità, sulla giustizia, sulla libertà, sull’amore, come ci ricorda la Pacem in Terris, i cui insegnamenti risultano di una profetica attualità. Non si può negare come troppo spesso la parola pace sia usata per mascherare operazioni di guerra.  ...
Per queste ragioni, ci associamo ad una vasta parte del mondo cattolico nel chiedervi di rivedere la decisione di proclamare Papa Giovanni XXIII patrono dell’Esercito italiano.  Vorremmo, piuttosto, vedere la figura e l’esempio di papa Roncalli proposti a protezione di quanti, credenti e non, si adoperano per un’umanità libera da eserciti (Caschi Bianchi, Corpi Civili di Pace, operatori umanitari...) e sono impegnati con lo strumento della nonviolenza attiva nel disinnescare e risolvere i conflitti. La proclamazione di san Giovanni XXIII patrono della nonviolenza attiva sarebbe una scelta profetica per quanti si adoperano concretamente per la pace in un mondo minacciato da guerre e dalla corsa al riarmo.

*** LETTERA  APERTA  al Card. Robert Sarah e al Card. Gualtiero Bassetti PER IL TESTO COMPLETO con le prime adesioni vedi il sito >>>>    http://www.paxchristi.it/?p=13273
con l'adesione di alcuni Vescovi e rappresentanti di Movimenti, gruppi, associazioni, ecc….
in merito  alla dichiarazione di San Giovanni XXIII, papa, quale “Patrono presso Dio dell’Esercito Italiano”.

San Giovanni XXIII patrono dell’Esercito Italiano?
Intervento del Presidente di Pax Christi Italia, Mons. Giovanni Ricchiuti
http://www.paxchristi.it/?p=13187

Ci è giunta notizia che San Giovanni XXIII sarà quanto prima proclamato Patrono dell'Esercito Italiano, avendone fatto parte al tempo della Prima Guerra Mondiale.
Come Presidente della sezione italiana di Pax Christi, Movimento Cattolico Internazionale per la Pace, mi sembra irrispettoso coinvolgere come Patrono delle Forze Armate colui che, da Papa, denunciò ogni guerra con l'Enciclica ‘Pacem in terris’ e diede avvio al Concilio che, nella Costituzione ‘Gaudium et spes’, condanna ogni guerra totale, come di fatto sono tutte le guerre di oggi.
Se questa notizia fosse vera, sollecitato da tutto il Movimento Pax Christi e anche da altre persone sensibili al tema della pace, ritengo assurdo il coinvolgimento di Giovanni XXIII, anche perchè l’Esercito di oggi, formato da militari professionisti e non più di leva, è molto diverso da quello della prima Guerra mondiale che, non lo possiamo dimenticare, fu definita da Benedetto XV ‘inutile strage’.  E’ molto cambiato anche il modello di Difesa, con costi altissimi (23 miliardi di euro per il 2017) e teso a difendere gli interessi vitali ovunque minacciati o compromessi.
Pensare a Giovanni XXIII come Patrono dell’Esercito lo ritengo anticonciliare anche alla luce della forte ed inequivocabile affermazione contenuta nella Pacem in Terris, “con i mezzi di distruzione oggi in uso e con le possibilità di incontro e di dialogo, ritenere che la guerra possa portare alla giustizia e alla pace è fuori dalla ragione – alienum a ratione”.
E’ ‘roba da matti’, per usare un’affermazione di don Tonino Bello, anch’egli Presidente di Pax Christi fino al 1993.
Papa Giovanni XXIII è nel cuore di tutte le persone come il Papa Buono, il papa della Pace, e non degli eserciti.
Sono certo che questo sentire non sia solo di Pax Christi, ma di tante donne e uomini di buona volontà, a cui chiediamo di unirsi con ogni mezzo a questa dichiarazione per esprimere il proprio rammarico per una decisione che non rappresenta il "sensus fidei" di tanti credenti che hanno conosciuto Giovanni XXIII o che ne apprezzano la memoria di quella ventata profetica che ha indicato alla Chiesa nuovi sentieri di giustizia e di pace.

venerdì 15 settembre 2017

2017_0930 FONDAMENTALISMO RELIGIOSO Giornata di Studio

LA VIOLENZA E IL SACRO:
PSICOANALISI E FONDAMENTALISMO RELIGIOSO
Giornata di Studio 30 settembre 2017
Abbazia di Mirasole- Strada Consortile del Mirasole, 7 – Opera (MI)
La giornata si propone di sviluppare una riflessione psicodinamicasul rapporto tra religione e violenza, anche in linea con le problematiche attuali
del fondamentalismo religioso e del terrorismo sacrificale.
A cura di: Fabio De Nardi e Mario Perini.
Relatori: Fabio De Nardi, Aristide De Marchi, Giovanni Foresti, Luca Gaburri, Arnaldo Petterlini,don Franco Tassone, Angelo Villa.
Ci sono ancora pochi posti disponibili. Chiediamo cortesemente di far pervenire eventuali adesioni entro lunedì 25 settembre.
 Per informazioni e iscrizioni CLICCARE QUI


mercoledì 6 settembre 2017

Disastrata provincia di Pavia dopo l'incendio di Parona il 6 settembre 2017 altro incendio in un luogo di stoccaggio rifiuti a Mortara disastro ambientale per tutta la nostra zona

SUI RIPETUTI INCENDI IN IMPIANTI DI TRATTAMENTO RIFIUTI RIPROPONIAMO DI SEGUITO UN'INTERVISTA MOLTO INTERESSANTE DI UN MESE FA A WALTER GANAPINI.

Incendi negli impianti di deposito. Ganapini: «Una guerra dietro i rifiuti bruciati»

In Italia 130 impianti di trattamento, stoccaggio o deposito dei rifiuti hanno preso misteriosamente fuoco, mandando in fumo un intero comparto industriale. 


di Andrea Sarubbi - L'hanno chiamata disattenzione, guasto al circuito elettrico, autocombustione. In realtà è una vera e propria guerra, divampata negli ultimi tre anni da nord a sud: in Italia 130 impianti di trattamento, stoccaggio o deposito dei rifiuti hanno preso misteriosamente fuoco, mandando in fumo insieme ai macchinari anche un intero comparto industriale. «Abbiamo perso tre milioni di tonnellate di capacità di riciclaggio: praticamente, ci siamo tagliati da soli una gamba», commenta Walter Ganapini, riconosciuta autorità in materia: se ne occupa dalla metà degli anni Settanta, quando chi parlava di rinnovabili o di economia circolare sembrava un marziano. Da tecnico, ha collaborato con amministrazioni di destra e di sinistra, risolvendo anche emergenze notevoli; questa è una delle più dure, e un tecnico può solo lanciare l'allarme.

Il 27 luglio 2014 ad Albairate, nell'hinterland milanese, va a fuoco l'impianto destinato a trattare i rifiuti organici dell'Expo. Che inizierà 9 mesi dopo. 
«Le fiamme divampano in tre punti diversi, l'autocombustione è impossibile perché il compost non brucia da solo e perché la temperatura nel capannone non supera mai i 60 gradi. Ma mentre si indaga sulle cause, c'è un'emergenza da risolvere: bisogna cambiare destinazione dei rifiuti in fretta, perché all'Expo non manca molto, e naturalmente aumenta il costo in bilancio. È un segnale poderoso, una dichiarazione di guerra. Tre anni dopo, purtroppo, la trincea è dappertutto».

Chi combatte contro chi? 
«Le possibilità per i rifiuti sono due: si recuperano oppure vanno in discarica. Alla comunità conviene recuperarne il più possibile, perché il rifiuto riciclato è una risorsa. I proprietari di discariche, invece, hanno l'interesse contrario, perché rischiano di restare senza lavoro. E se gli impianti di riciclaggio bruciano, la scelta è una sola: mandare ogni cosa in discarica, anche i rifiuti recuperabili. Non lo dico io, ma il magistrato Roberto Pennisi, della direzione nazionale antimafia: bruciare è la migliore scorciatoia, quando vuoi guadagnare di più».

Non stanno bruciando solo gli impianti, ma anche i rifiuti riciclabili. 
«E questo è un altro problema. Dopo aver incassato gli incentivi pubblici per il riciclo, si è scoperto che molti imprenditori, anziché recuperare i rifiuti plastici, li spedivano in Cina. Ora che Pechino ha bloccato il flusso illegale, li bruciano. Se sei tra l'altro assicurato contro gli incendi, non ti viene la tentazione di far dare fuoco a tutto da qualcuno, mentre magari passi le vacanze a Cortina? Nessuno mi toglie dalla testa che anche i recenti fuochi sul Vesuvio siano serviti a occultare pratiche illegali. Del resto, basta guardare i posti e collegarli alle discariche, e ripensare a quando i tedeschi smisero di prendere le presunte ecoballe perché radioattive».

Se è una guerra, lo Stato come si sta difendendo? 
«In alcune regioni, i carabinieri forestali stanno lavorando seriamente. Le forze dell'ordine sanno bene che il nodo da sciogliere è al livello superiore: ogni impianto che va in crisi, libera spazio per i traffici di altra natura, non gestiti dallo Stato ma delle mafie. E così, tanto
per fare un esempio, bisogna capire quali siano gli interessi dei grandi clan in tutte le regioni del nord, perché la mano della criminalità organizzata in questa guerra dei rifiuti è una costante».

lunedì 3 luglio 2017

2017_07_05 L'opera da tre soldi con ... i tacchi alti.

ATIR TEATRO RINGHIERA
Mercoledì 5 luglio 2017 - ore 20.30
Giovedì 6 luglio 2017_07_06 - ore 20.30

DRAGPENNYOPERA
Nina’s Drag Queens

Uno spettacolo Nina's Drag Queens Inspirato a “The Beggar's Opera” di John Gay 

Con: Alessio Calciolari, Gianluca Di Lauro, Stefano Orlandi, Lorenzo Piccolo, Ulisse Romanò  

Drammaturgia: Lorenzo Piccolo | Regia: Sax Nicosia 
Voce di Macheat Sax Nicosia | Coreografie: Alessio Calciolari   | Scenografie: Nathalie Deana
Costumi: Gianluca Falaschi  | Disegno luci: Luna Mariotti | Musiche originali: Diego Mingolla 
Artwork: Donato Milkyeyes Sansone  | Parrucche: Mario Audello 
Direzione artistica Nina’s Drag Queens: Francesco Micheli 

Piazza Fabio Chiesa / Via Pietro Boifava 17 

20142 Milano – tel. 02.87390039


Si ringraziano: la Corte Ospitale – Progetto Residenze; ATIR-Teatro Ringhiera
Produzione: Aparte – Ali per l’arte
Con il contributo di Fondazione Cariplo nell’ambito del progetto Funder35
Sostenuto dal progetto: Next laboratorio delle idee
*Spettacoli: ore 20.30
Spettacoli: ore 20.30 Biglietti: 18/15/12/8,50 euro


Ciao amore, ciao.
Ciao Teatro Ringhiera, sai quanto è strano sentirsi innamorati a Milano eppure, in questo posto impossibile tu ci hai detto vi amo, noi ti abbiamo detto ti amo.
E’ difficile dire addio alla propria casa. Dire addio al luogo in cui si è nate, cresciute e diventate grandi.
Ancora più difficile se, come in questo caso, si è costrette a farlo e si può solo sognare di tornare, un giorno.
Dopo quasi dieci anni passati insieme le Nina’s Drag Queens salutano il palcoscenico che le ha viste nascere con due notti di teatro, musica, piume, glitter e qualche lacrima.
Una grande festa d’amore e di resistenza.

LO SPETTACOLO
DragPennyOpera è sia un’opera buffa e, insieme, un’opera seria. Un cabaret agrodolce, dai tratti mostruosi e scintillanti. Un ritratto a colori della nostra umanità così nera.                                           È l’alba. Nel cortile di un carcere, sotto il patibolo, si danno ritrovo alcune figure.
Attendono l’esecuzione capitale del bandito Macheath. Sono le donne della sua vita. Saranno loro a dare vita a questa storia:  vedremo come siano avvenute le nozze segrete di Macheath con Polly, figlia della regina dei mendicanti Peachum; i provvedimenti che questa ha preso e gli avvenimenti che ne sono seguiti; come il delinquente sia stato arrestato a causa del  tradimento di Jenny, prostituta e sua vecchia amante; come sia stato liberato grazie a Lucy, altra amante, giovane e nervosa, e arrestato nuovamente per mano di Tigra, madre di Lucy e capo della Polizia; per giungere infine al momento dell'esecuzione, al  giudizio finale, e forse, all'happy end.
La composizione di questo spettacolo si ispira, soprattutto nei temi e nella struttura, a “The Beggar's Opera” di John Gay, commedia musicale scritta nel 1728, anzitutto come reazione ai soggetti inverosimili e alle messe in scena pompose di un certo teatro lirico dell'epoca.
John Gay miscelava la musica colta e la canzone da osteria, la presa in giro del “gran teatro”, la satira più nera, e soprattutto adattava canzoni già note al pubblico, fossero ballate o arie d'opera.
Allo stesso modo, il linguaggio teatrale delle Nina’s Drag Queens è un pastiche di citazioni, affettuose parodie, brani cantati in playback. Attingiamo al repertorio della musica contemporanea, reinventando (grazie alle composizioni originali di Diego Mingolla) alcuni riferimenti dell'immaginario pop che ci circonda.
E lo facciamo con la stessa allegra ferocia messa in campo da Gay, sotto il segno di un umorismo amaro e politicamente scorretto.
NOTE DI REGIA
Una metropoli indefinita ma inevitabilmente attuale.
Un potere assoluto, corrotto e stolido, che si intreccia all'illegalità e alla malavita.
Un mondo di miserabili dove l'unica bussola è l'interesse personale.
Peachum, Jenny, Polly, Lucy, Tigra: cinque personaggi che amano, tradiscono, rubano e  uccidono, cinque donne che si usano a vicenda. Cuori neri dalla nascita o anneriti dalla vita,  ma che pulsano vitali in uno scenario desolato. Il bandito Macheath: l'unico uomo, l'eterno  assente, che suscita in questi cuori neri sentimenti assoluti. Amato, odiato, agognato, e infine  spolpato fino all'osso.
È una storia di potere, amore, sesso e soldi. A raccontarla, cinque attori uomini travestiti da  donna. La drag queen, maschera teatrale postmoderna, clown dell'eccesso in bilico tra pop e  melò, esagerata e smaccatamente finta, è la nostra strada per indagare personaggi al limite  come questi.
Il bandito Macheath, che ripercorre la vicenda a ritroso come la voce di un vecchio film, o  piuttosto un'ombra sulla coscienza, è la presenza-assenza viscerale che anima ogni gesto di  queste strane donne, che hanno la voce di Mina e il corpo di un maschio. E queste creature,  anfibie e multiformi per loro natura, si muovono in uno spazio scenico precario, come in  bilico sul piano inclinato di una catastrofe.
La frammentazione dello spazio scenico procede  di pari passo con un testo esploso, mescolato a canzoni in playback, coreografie, continui cambi di punto di vista, continui dentro-fuori dall'azione scenica.
Il pubblico è invitato a partecipare a un gioco pericoloso: l'inevitabile e scintillante leggerezza  messa in campo dalle drag queen si declina in ironia dissacrante e comicità grottesca, nello  spericolato tentativo teatrale di realizzare l'istantanea di un mondo sull'orlo del precipizio.
Questo è DragPennyOpera: opera pop, feroce cabaret.


EVENTI SPECIALI a cura delle Nina’s
5 luglio, dalle 19 APERITIVO PIUMATO
6 luglio, dalle 23 DJ SET SPACCATACCHI

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NOVITA’:  stampa@casa
e salta la fila!
Da quest’anno puoi entrare direttamente in sala senza nemmeno passare dalla biglietteria, solo mostrando il codice ricevuto sul tuo smartphone o la stampa della mail di conferma.
 Nessuna maggiorazione di prevendita sul biglietto
BIGLIETTERIA
Aperta dal mercoledì al venerdì dalle 15.30 alle 19.30, negli altri giorni di spettacolo 1h30 prima dell’orario di inizio.
tel. 02.84892195 – prenotazioni@atirteatroringhiera.it 
COME RAGGIUNGERCI
MM2 Abbiategrasso / tram 3, 15 / bus 79
Facilità di parcheggio vicino al teatro


2017_02_02 Parlamentari, pensioni, vitalizi e la confusione della politica

ANTE 2011
Vitalizio allo scadere del mandato
POST 2011
Pensione parlamentare al 65esimo anno salvo benefici per riceverla massimo al 60esimo non prima.


Con le modifiche introdotte durante il governo Monti a fine 2011 i vitalizi dei parlamentari hanno lasciato spazio a una regolare pensione, così come succede per tutto i dipendenti della pubblica amministrazione. La differenza è sostanziale perché il calcolo della cifra da percepire mensilmente non è più retributivo ma contributivo (basato cioè su quanto è stato versato negli anni).

Peccato che non abbia valore retroattivo!

Secondo le regole attuali deputati e senatori ricevono la pensione da parlamentare al 65esimo anno di età e solo dopo aver completato 5 anni di mandato. Per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al minimo inderogabile di 60 anni.

Come è emerso di recente – ricostruendo i dettagli con molta difficoltà a causa delle strane omissioni dei siti istituzionali – il regolamento interno di camera e senato indica che la frazione di anno è computata come anno intero purché corrisponda ad almeno sei mesi ed un giorno. Basterà quindi raggiungere 4 anni, 6 mesi e 1 giorno di mandato per maturare la pensione da parlamentare. Attualmente ci sono 402 deputati e 193 senatori in carica che ancora non hanno maturato i giorni necessari per avere diritto alla pensione da parlamentare. In totale sono circa il 63% degli eletti, percentuale tutto sommato alta a causa dei tanti neo-parlamentari alla prima legislatura; un dato importante dovuto alle novità di liste come Movimento 5 stelle, Scelta civica e Sinistra ecologia e libertà, o al forte ricambio in partiti numerosi come il Partito democratico.

FONTE OPENPOLIS

martedì 25 aprile 2017

2017_04_26 Appuntamenti culturali nella Diocesi di Torino

Appuntamenti culturali nella Diocesi di Torino

Mercoledì  26 aprile 2017_04_26, h. 21
c/o Parrocchia Regina Mundi, Nichelino, v. Lourdes 2
la Associazione CREO organizza un incontro su
Radicarsi per cambiare
Fondamenti etici e religiosi dell’impegno politico
Interviene
d. Ermis Segatti

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Venerdì 5 maggio 2017_05_05, h. 21
c/o parrocchia di Mappano di Caselle,
v. Generale  dalla Chiesa 26
incontro su
Famiglia: amore e perseveranza
guida la riflessione
d. Ermis Segatti

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Martedì 9 maggio 2017_05_09, h. 20.45
G.A.M., c.so Galileo Ferraris 30, Torino
La Scuola Italiana per lo studio dell’Omeopatia (SISDOH)
organizza un incontro su
Vivere in salute
nell’epoca della medicalizzazione
intervengono
dr. Paolo Greco
d. Ermis Segatti

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Giovedì 11 maggio 2017_05_11, h. 18
Centro Dar al-Hikma, v. Fiocchetto 15, Torino
Il nome di Dio nell’Islam
intervengono
Shaykh Abd al Wahid Pallavicini
d. Ermis Segatti
Younis Tawfik
modera
Paolo Masotti

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Giovedì 11 maggio 2017, h. 21
Circolo dei Lettori, Via Bogino 9, Torino
presentazione del libro di
Marco Vannini,
Contro Lutero e il falso evangelo
Intervengono con l’autore
Roberto Celada Ballanti
d. Ermis Segatti

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Mercoledì 17 maggio 2017_05_17, h. 18
Ufficio Pastorale Migranti, v. Cottolengo 22
Presentazione del libro di Claudio Torrero
Famiglia interculturale
 ne discutono con l’autore
Sergio Durando
 Massimo Introvigne
Sr. Carmela Santoro
d. Ermis Segatti

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Venerdì 19 maggio 2017_05_19, ore 20.45
c/o Centro Bruno Longo, v. Le Chiuse  14, To
incontro su
Convivere con l’Islam.
Con quale Islam e come?
ne parla
d. Ermis Segatti

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Sabato 19 maggio 2017_05_19, ore 15-16.30
Salone del Libro di Torino
La verità nel messaggio biblico
Intervengono
Mauro Biglino
Stefano della Torre
 Ermis Segatti

25 Aprile festa con)divisa



E' si ormai nel 2017 è stata la festa con-divisa, sia militare sia fonte di un sacco di accesi dibattiti e divisioni, ormai i valori della LIBERAZIONE non sono fondanti per il Popolo d'Italia, come non lo erano allora quando nella stessa famiglia coesistevano fratelli uno con la Canicia-Nera ed uno con la Camicia-Rossa.
Addio pace, se il futuro risveglierà certi antichi orrori e si tingerà ancora del nero delle nefandezze compiute e del rosso del sangue che continuerà a scorrere.

venerdì 31 marzo 2017

I TRE ANELLI, chi possiede la vera religione?

I TRE ANELLI, chi possiede la vera religione?
Ebraismo, Cristianesimo e Islam. Bibbia, Corano e Torah suggeriscono insieme un itinerario che svela gli elementi di congiunzione tra le fedi dell'occidente: un viaggio affascinante e un invito alla pace e al dialogo religioso. .
Bibbia, Corano e Torah, insieme a tanti altri capolavori, suggeriscono un itinerario che svela gli elementi di congiunzione tra le fedi dell'occidente: un viaggio affascinante e un invito alla pace e al dialogo religioso.
La favola dei "Tre anelli" vale anche per le tre religioni - Ebraismo, Cristianesimo e Islam - infatti ogni popolo è convinto della sua, ma i realtà non si sa quale tra le tre sia la religione effettiva, pura ed autentica
Io aggiungerei che nessuna religione del mondo può essere CERTA di essere la vera, ma c'è un modo semplice per scoprire quando una RELIGIONE o il MODO DI INTENDERLA è SBAGLIATO!
Il MODO per scoprire se una religione è falsa è solo una, quando questa predica o mette in pratica una "discriminazione" o una "soppraffazione" uomo su donna, potente su povero, allora è sicuramente FALSA!

vedi minuto 33' circa su:
I giardini dell’Eden(1998)
Kim Rossi Stuart: Jeoshua
Regia Alessandro D'Alatri
Soggetto Alessandro D'Alatri, Miro Silvera