lunedì 31 gennaio 2011

Decreto flussi un businnes per lo STATO ITALIANO

Questa mattina, 31/01/2011 in solo due ore dall'inizio della "gara"  sono state bene  320.000 le domane che sono state inserite sul sito del Ministero dell'Iterno, e sono poi continuati glli inserimenti anche nel pomeriggio anche se i posti disponibili sono solo 52.000.
Contando che ogni domanda doveva essere corredata da una marca da bollo di 14,62€ lo Stato ha incassato dagli immigrati (regolari, irregolari, comunitari o extracomunitari) ben  4.678.400 Euro in solo due ore.
Dovremmo dire un grande GRAZIE a tutti coloro che ci finanziano con la loro speranza di ricongiungimento con un famigliare.
 

mercoledì 19 gennaio 2011

Don Vitaliano Dellla Sala tratto da Liberazione:03/01/2011

Don Vitaliano Della Sala: «Io scommetto sulle lotte. Aiutiamole a mettersi in rete»

Intervista al sacerdote di Mercogliano

Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo a Mercogliano. Don Vitaliano Della Sala, compagno di strada da sempre, anche quest'anno ha preparato un presepe diverso per i suoi fedeli: «Un presepe deve parlare di oggi, non ripresentare una realtà di 2000 anni fa che non dice nulla. Per questo Gesù, Giuseppe e Maria li ho messi sul tetto della capanna, come gli operai, gli studenti e i precari in lotta e dietro ho messo una gru, come quella di Brescia e al posto dei lavoratori migranti ho messo i Re Magi. Questo presepe rappresenta la mia idea di giustizia e di democrazia».
Don Vitaliano è convinto che il Cristo in cui crede si debba sempre schierare dalla parte dei poveri, nel senso di tutti coloro a cui vengono negati i diritti fondamentali. Schierarsi nettamente e senza ambiguità. E' convinto che si debba prestare ascolto a quelle sacche di rivolta che sono il vero elemento vitale di questo Paese, sacche che spesso non trovano alcuna interlocuzione né politica né mediatica. «L'assenza in parlamento della sinistra radicale priva chi si sente antagonista a questo sistema di qualsiasi elemento di mediazione - afferma - Lo si è visto in piazza a Roma il 14 dicembre con gli studenti e lo si è visto con i fatti di Terzigno a ottobre, dove almeno c'erano esponenti istituzionali dei territori a far da tramite. Queste presenze le si vuole eliminare. Vale per il terreno della politica e nello stesso tempo per quello dell'informazione. Il fatto che vogliano eliminare, togliendo i finanziamenti, testate come Liberazione e il manifesto è emblematico. Voi parlate di cose che nei grandi giornali non si trovano. Se non ci foste stati voi chi avrebbe saputo degli immigrati sulla gru, chi avrebbe raccontato dei tanti tentativi che dal basso si fanno per tenere in piedi un minimo di democrazia?».
Don Vitaliano non è stupito delle ultime decisioni del governo e di come i pochi euro a disposizione - 50 milioni - vengano attribuiti una volta all'editoria e una volta al volontariato: «E' uno spaccato di come intendano la democrazia alcune importanti istituzioni. Attuano la guerra fra poveri, considerano pluralismo dell'informazione e volontariato come parole di cui riempirsi la bocca in alcune occasioni salvo poi metterli in competizione e rappresentandole come elementi superflui quando si tratta di fare i conti. C'è quasi da rimpiangere la vecchia Dc, in cui si rubava, si commettevano nefandezze ma almeno si aveva un respiro che di questi tempi è impensabile. Il fatto che vogliano chiudere la bocca a Liberazione coincide con la scarsa rilevanza che negli altri giornali viene data a certe lotte. Evidentemente si prova fastidio che una certa informazione esista. Giornali come il vostro li legge chi è già schierato, servono, nel senso buono del termine, a parlarci fra di noi. Questo è utile più di quanto si creda e apre contraddizioni perché mette in rete i conflitti. Servono anche a sentirci meno soli in un contesto che ci vorrebbe isolati. Io non sono portato alle teorie complottistiche ma se metto in fila quello che accade nei posti di lavoro, nei sindacati, nella scuola, nell'università, nella politica, nell'informazione mi viene da dare ragione a Travaglio, mi viene da pensare che il "Piano di rinascita democratica" di Licio Gelli lo si stia applicando in maniera ancora più incisiva di come era stato ideato».
E allora Liberazione, la stampa di opposizione reale diventa ancora più importante, porta alla luce quegli elementi di conflitto che ancora esistono e che mostrano, secondo Don Vitaliano, una vitalità in grado di salvaguardare una costituzione che viene quotidianamente svilita. «Bisogna guardare in queste sacche di resistenza - insiste il sacerdote - Secondo me solo da lì possono venire i cambiamenti di cui abbiamo tutti bisogno. Io non credo che nulla possa arrivare dall'alto, scommetto sulla base. E sia i giornali che i partiti della sinistra vera, invece che scimmiottare i grandi quotidiani (i primi) o pensare agli altri partiti (i secondi), devono guardare lì non per cercare di ampliare il bacino elettorale ma per trovare ispirazione. Dalle scuole, dalle università, dalle fabbriche e dalle lotte degli immigrati (sui quali questo Paese si arricchisce) si può imparare molto. Guai però ad operazioni puramente elettoralistiche, altrimenti si diventa uguali agli altri».
Vitaliano Della Sala è convinto che ci sia ancora spazio per una ipotesi di alternativa: «Mezzi di informazione come Liberazione possono aiutare ancora di più le persone a mettersi in rete. Penso ai pastori sardi picchiati l'altro giorno a Civitavecchia che sono dovuti ripartire dopo essere stati bastonati. Se la loro vertenza entrasse in contatto con altre realtà simili sparse nel Paese, se chi lotta contro le discariche a Terzigno trovasse interlocutori anche in Valcamonica, ognuno sarebbe meno solo. Magari saremmo andati in tanti ad accogliere i pastori sardi e li avremmo potuti sostenere. Forse è un sogno che coltivo ma credo che siano anche le nostre individuali resistenze a impedirci di realizzarlo. Oggi come oggi questa è la sola vera risposta che possiamo dare, dimostrare che le persone e le lotte fra loro si parlano e interagiscono, che si possono costruire alleanze di base che impongano attenzione sui nostri temi. In fondo quando vedo certi fatti che accadono confinati su un trafiletto nei grandi giornali e ripresi invece in prima pagina solo da alcuni come voi, mi convinco ancora di più che abbiamo ragione».

Stefano Galieni

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lunedì 10 gennaio 2011

BRAVO!!! Questo si che è un ITALIANO!!

Se vince il NO ce ne andremo all'estero, bravo cosi ci si esprime dall'alto del tuo conto in banca.
Vattene pure all'estero ma rendi alla ITALIA tutti i soldi che ti ha passato per sostenere l'azienda che ti paga e per la cassa integrazione
Rendi il tuo stipendio disumano, basta di sicuro per pagare lo stipendio per tutti quelli che metti su un marciapiede per anni .. ... allora vattene tanto a che te ne frega!!
Tu la fame non la farai mai anche se camperai 256 anni!!
Forse sto parlando di LUI, il grande LUI che merita lo stipendio che porta a casa con le sue decisioni, o dite SI o Mirafiori, chiude.
Il suo nome non lo dico .. è indegno di essere citato.
Chissà come dorme bene la notte!! Chissà di cosa sono fatte le lenzuola .. pelle umana???
11-01-2011

Alfonso Antoniozzi e la sua critica al mondo della lirica italiana

Cari CANTANTI ma non sarà mica colpa vostra??
Non è forse vero che un'opera senza scene si può fare ma senza cantanti no!!
Allora perchè le signore che hanno fatto le Walchirie alla Scala non si sono rifiutate di andare in giro per una scena buia piena di "cassette di frutta" con vestiti enormi con il rischio di rompersi una gamba? Quanto hanno preso 5.000 Euro ?? Ma il regista ne ha presi 500.000???

E il sig.Baremboim boim boim boim difendeva la cultura o il suo stipendio leggendo l'articolo della Costituzione??

Allora mandateli al loro paese, compresi quelli che per un Mosè fanno spendere 2.500.000 Euro!! E poi ho amici che hanno già sostenuto ruoli come Rodolfo, Alfredo, Almaviva con ottimi risultati che sono costretti a vendere le cialde per la macchinette del caffè per tirare a campare.
BASTA CON IL BINOMIO CULTURA = TEATRO ALLA SCALA!!
O tutte le altre enormi caverne cavernose nelle quali spariscono miliardi. Io sottoscritto, da oltre sei anni sto mettendoci del mio per potere fare "cultura". Ho riportato Cavalleria Rusticana nella mia città dopo 49anni che mancava. Ho portato al cinema l'opera da tre stagioni a gente che non l'aveva mai sentita prima. Ho fatto conoscere le Tre Chanson di Don Chisciotte di Ravel a chi mai ne avrebbe appreso l'esistenza. E non ho speso MILIARDI!
Questo secondo me è fare cultura, nessuno del mio pubblico andrebbe mai alla Scala più di una volta nella vita ma al cinema a vedere le opere in diretta ce li porto una volta al mese e si sono digeriti anche la Salome senza sottotitoli uscendone soddisfatti, dopo la preparazione adeguata all'ascolto.
Altro che GRANDI ENTI LIRICI. Tagliateli tutti i fondi a loro e dateli alle piccole realtà in mondo che anche in provincia si sappia che La donna è mobile non è lo spot di Pizza ristorante!!!
La Walchiria alla Scala con un palcoscenico DESERTO ma con solo quei cantanti sarebbe stata favolosa.
Amici opponetevi alla spreco, senza di voi non riusciranno a fare un c....volo!! Anche Giuseppe in Traviata serve!!
Opponetevi tutti allo spreco e viva il M°Antoniozzi e Viva sempre la MUSICA! http://www.concertodautunno.it

Segue la dichiarazione del M°Antoniozzi, pubblicata da Partito culturale il giorno domenica 9 gennaio 2011 alle ore 10.23
Diciamoci la verità, parliamo per una volta francamente anche a costo di beccarsi una bella querela e finire in tribunale.
Ci hanno preso, spolpato fino all'osso, si son mangiati il mangiabile e adesso abbandonano la carcassa. In prosa come in lirica.
Sono arrivati, si sono impossessati dei teatri, con la scusa del sostegno all'arte e alla cultura hanno messo i loro uomini (quasi sempre gente che col teatro non aveva nulla a che fare) alla testa delle programmazioni e delle assunzioni, hanno assunto chiunque volessero, hanno messo i loro protetti dietro un tavolo d'ufficio, i loro servi ai posti di combattimento, i loro portaborse alle direzioni artistiche.
Hanno svilito le professionalità presenti in teatro derogando la costruzione di scene e costumi a società terze, presumibilmente mangiandosi una fetta degli appalti (non ho le prove, ma non mi servono. Come diceva Pasolini: io sono un intellettuale, non un magistrato, non sta a me cercarle. Le cose le so perchè ho gli occhi che vedono e il cervello che tira le somme).
Hanno ridotto le sarte teatrali italiane a mere attaccatrici di bottoni e riparatrici di orli, i nostri macchinisti e scenotecnici a meri rifinitori di imperfezioni e schiacciolatori di cantinelle, facendo prosperare scenotecniche e sartorie esterne.
Hanno permesso a registi e scenografi e costumisti di usare i loro scenotecnici e sarti di fiducia, in alcuni casi fottendosene allegramente del fatto che alcuni di questi registi e scenografi e costumisti erano in partecipazione societaria con le società scelte.
Hanno commissionato scene e costumi a celebri artisti italiani (Pomodoro, Guttuso, De Chirico...) per poi esporli una volta e lasciarli marcire nei magazzini o dandogli fuoco per far spazio a nuovi stoccaggi.
Hanno strapagato, sì, strapagato cantanti lirici. Cinquanta milioni a sera per una Turandot che arrivava alla generale. Trenta milioni a sera per un Calaf che non portava a termine l'opera. Cinque milioni a sera per dire una frasetta. Io c'ero. Lo so.
Hanno permesso ad alcuni agenti senza scrupoli di fare il bello e il cattivo tempo, probabilmente anche in questo caso per personali tornaconti economici, se non per mera cecità e incapacità gestionale. In entrambi i casi, nessuna scusante.
Hanno assunto otto portieri per teatri in cui ne bastavano due. Dieci addetti stampa quando ne bastavano tre. Venti ragionieri quando ne bastavano cinque.
Hanno chinato il capo di fronte ad assurde richieste sindacali: decenni di indennità di trasferta per teatri senza sede perché in restauro trentennale, quando il teatro di ripiego era a cinquecento metri dalla sede naturale.
Hanno firmato il via libera ad allestimenti miliardari che non potevano in nessun modo essere ammortizzati. Sì, miliardari. Io c'ero. Lo so. Hanno coprodotto spettacoli inamovibili che in nessun modo avrebbero potuto esser portati in un altro teatro perché non si è tenuto conto delle specifiche tecniche.
Ci hanno saccheggiati, spolpati, ridotti all'osso. E adesso ci dicono "arrangiatevi".
La nostra colpa? Quella di aver taciuto. La nostra vergogna? Quella di aver, nei limiti del possibile, mangiato anche noi (ma se non altro noi stavamo facendo il nostro mestiere e obbedivamo alle leggi del mercato vigente). La nostra discolpa? Quella di esser stati sempre dei cani sciolti, che se avessero parlato sarebbero stati allontanati con una pedata, perdendo il lavoro. Chi ci ha provato, come me e altri come me, lo sa. Ancora ricordo la risposta : "Voi avete ragione, ma tenete conto che se insistete su questo punto non metterete mai più piede in questo teatro".
E anche adesso, non mollano. Vogliono anche il midollo. Non se ne vanno.
E noi, noi artisti, noi tecnici, noi registi, noi macchinisti, noi artisti del coro, noi elettricisti, noi sarte, noi professori d'orchestra siamo costretti a cercarci lavoro altrove o ad inventarcene un altro perché non solo non ci finanziano, ma non si inventano uno straccio di soluzione politica, una legge che ci consenta di far bene e senza sprechi il nostro mestiere.
Non se ne vanno. Piuttosto chiudono i teatri. Piuttosto li lasciano marcire. Ma non se ne vanno. Non se ne andranno mai.
E ancora adesso, abbiamo paura di parlare e di far fronte comune. Comune. Insieme a tutti quelli che lavorano in teatro e che di teatro sono appassionati.
Continuiamo pure ad aver paura. Presto, non ci sarà più nessuna ragione di preoccuparsi di perdere il lavoro: ci avranno costretti da tempo a trovarcene un altro.
Facciamo casino, ragazzi, tutti insieme. Riprendiamoci i nostri teatri, riprendiamoci il nostro mestiere, riprendiamoci la nostra vita.
ALFONSO ANTONIOZZI