Visualizzazione post con etichetta cultura. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cultura. Mostra tutti i post

sabato 31 marzo 2012

2012_03_31 INTERNET, GOOGLE e FACEBOOK non sono per niente la stessa cosa

Martedì 13 marzo 2012 ore 21:00
ex Convento della Annunciata di Abbiategrasso
INTERNET, GOOGLE e FACEBOOK non sono per niente la stessa cosa
relatori
Dott. Giuseppe Rescaldina Psicologo Psicoterapeuta,
Dott. Elena Oldani  Psicologa Psicoterapeuta,
Dott. Raffaella Bruni Psicologa Psicoterapeuta.
Coordinatore Don Gianni Tavecchia ARS AGAPE - Abbiategrasso


Martedì 13 marzo 2012  si è tenuto nella bella sede del ex Convento della Annunciata di Abbiategrasso il primo incontro del ciclo di tre conferenze dedicata ai nuovi mezzi di comunicazione e socialità.
L'incontro è stato aperto da Don Gianni Tavecchia che ha voluto riprendere il discorso di un tempo sull'uso intelligente del mezzo televisivo, oggi diventato personal computer con accesso alla rete Internet ovvero la "nuova televisione". Ha citato casi di inopportune visualizzazioni di foto da parte di minorenni, che ne hanno accesso, e altri (tre casi) di matrimoni interrotti per la conoscenza di un nuovo partner in chat.
Sono poi intervenuti in sequenze i tre relatori Dott. Giuseppe Rescaldina Psicologo Psicoterapeuta, Dott. Elena Oldani  Psicologa Psicoterapeuta e Dott. Raffaella Bruni Psicologa Psicoterapeuta.
I primi due relatori piuttosto critici sul mezzo analizzato mentre l'ultimo ne ha invece difeso le potenzialità.
Quello che è mancato (a mio parere) è stato un momento introduttivo che chiarisse di cosa stavamo parlando, ovvero che INTERNET, GOOGLE e FACEBOOK non sono per niente la stessa cosa.
Per cui INTERNET è la rete, più conosciuta ed utilizzata, che collega i Computer nel mondo.
Non possiamo assolutamente dire che "Google possiede informazioni" in quanto le informazioni sono disponibili sulla rete e Google non è altro che uno dei tanti motori di ricerca utilizzabili. (Ask; Bing; Google; Yahoo; Virgilio). Il motore di ricerca è solo un "indice elettronico" della immensa biblioteca mondiale.
Le informazioni sono conservate sul "silicio" ovvero nei chip di memoria sparsi per il mondo, sarà pure così ma sarebbe stato utile evidenziare che non si tratta di INFORMAZIONI ma di un percentuale di informazione e una massa di Garbage (in italiano spazzatura).
Poiché, siccome chiunque può accedere a Internet, chiunque può pubblicare scritti, foto, video ecc dando di queste pubblicazioni tutto il parere che vuole senza contraddittorio, per cui posso scrivere che "Alessandro Manzoni ha scoperto l'America mentre era in tournée con Garibaldi che si esibiva come sopranista al Metropolitan di New York"
E' una cosa abbastanza assurda da mettere in linea, si o no?
Ecco la prova che possiamo definire informazioni solo quelle che si possono verificare con le nostre conoscenze o con un incrocio di fonti diverse e concordanti. E che quindi non esiste la sicurezza delle informazione veritiera.

Non si legge più se il messaggio va oltre una certa lunghezza.
I giovani non leggono più da destra a sinistra, e dall'alto al basso, ma scorrono il testo solo alla ricerca di notizie che possano interessare.
Obbiezione: solo per noi occidentali forse, non certo per Arabi o Cinesi.
Ma a che cosa serve allora fare un corso di lettura veloce che (a pagamento) ti insegna a "scorrere l'intera riga o pagina del testo" alla identificazione di un contenuto da astrarre??  

Acquisizione di un nuovo linguaggio.
Sei collegato? Taggare un meme .. Chiudere il file. ecc.
Equivale a "Dispepsia, broncoplastica, TAC, MOC, ecc" che sono termini di un "altro linguaggio" per cui ad ogni mestiere il suo utensile, ad ogni ambito il suo linguaggio. E' quindi ovvio che per muoversi in un determinato ambito occorra acquisire la corretta proprietà di linguaggio.

COGITO ERGO DUBITO
Questo dovrebbe essere il principio di ogni interrogazione, mai fidarsi degli sconosciuti e avere sempre una propria visione critica. 
Ad esempio se voglio un parere sulla "crisi economica mondiale" non lo chiedo alla vecchina che è uscita dal coma di 50 gg e va al mercato a comprare cipolle ma ad un economista della Bocconi.
Oppure non mi fido del "navigatore" che mi consiglia una strada assurda quando io so benissimo la strada per tornare a casa.

FURTO DI IDENTITA'
Le persone non sono sempre coloro che dicono di essere, ne sono COME DICONO DI ESSERE.
Su un "social network" o su Internet possiamo essere amici (io lo sono) di Giuseppe Verdi o Giacomo Puccini, che hanno ovviamente avuto il Tablet in omaggio in paradiso.

COGITO, ERGO DUBITO
Sono terminati gli incontri organizzati dalla ass. ARS AGAPE di Abbiategrasso presso l'ex Convento della Annunciata.
Il tema della "comunicazione" è stato declinato in diverse accezioni.
Nella prima serata si è trattato del fenomeno "social network" anche se tutte le affermazioni non erano pienamente condivisibili in quanto si concentravano su alcune situazioni particolari dimenticando di inquadrare prima l'aspetto "generale" come ad esempio parlare di "Google come possessore di informazioni, silicio come conservatore di verità e fantasie" dimenticando che "Google è solo uno dei tanti motori di ricerca" e che le informazioni on-line sono ormai una marea ridondante di informazioni dove è difficile comprendere si siano poi verità o falsità. 
Gli effetti negativi del fenomeno Internet sono stati ricondotti a: difficoltà di leggere argomenti esposti oltre una certa lunghezza. Lettura scansionatrice del testo da destra a sinistra e dall'alto al basso alla ricerca solo di informazioni di interesse [non dimentichiamo però che ci sono corsi appositi per imparare dei meccanismi analoghi di lettura veloce].
L'identità digitale è una specie di maschera [auto-rappresentazione] dietro la quale celare la propria essenza, il genere sessuale, l'età, e presentarsi invece secondo un'alter ego virtuale [le persone non sono sempre quello che dicono di essere] che uno può crearsi assecondando il proprio desiderio di apparire anche come uno non è. Ma una volto diventati "altro da sè" dipende cosa si fà sotto queste mentite spoglie, con le quali si può compiere misfatti anche verso minori.[Per questo è importantissimo che i giovani siano sorvegliati ed educati dai genitori (che devono avere sempre accesso ai dati dei figli) ad essere pronti per riconoscere e non cadere in questi inganni. Es Cyberbullismo, maniaci, pedofili].
Internet e dipendenza, ovvero brama di essere sempre connessi, come lo constatiamo ogni giorno con la diffusione capillare di costosi telefoni cellulari che ti tengono in contatti con i tuoi "amici" in ogni momento e in ogni luogo.
Forse fanno più male i videogiochi violenti che creano imitatori nel reale a scapito delle malcapitate vittime[ PSP, Xbox, ecc].
Creazione di un nuovo linguaggio "Taggare un meme"
La curiosità di vedere cosa fanno gli altri, come nelle storiche riviste di gossip piene di matrimoni e abbandoni, fatti e fattacci di personaggi pubblici che sono messi alla berlina sotto gli occhi di tutti. fenomeno che il "social network" metta alla porta di casa nostra che si apre ai nostri amici raccontando loro tutto ciò che [voliamo] sappiano.
Interessante l'intervento che ha distinto tre diverse modalità del sapere: SAPERE_LOGOS; SAPERE_FARE e SAPERE_ESSERE con interessanti riferimenti alla classificazione della "tassonomia".
Un argomento mancante è stato "internet come fonte di lavoro" infatti sono molti gli utilizzi del social network per la promozione di attività commerciali realizzando un vero e proprio mercato delle informazioni utili agli acquisti.
Concludiamo sottolineando alcune battute "non dipende dallo strumento, ma dall'uso che se ne fa" e "la risposta dipende dalla domanda".



 




lunedì 10 gennaio 2011

Alfonso Antoniozzi e la sua critica al mondo della lirica italiana

Cari CANTANTI ma non sarà mica colpa vostra??
Non è forse vero che un'opera senza scene si può fare ma senza cantanti no!!
Allora perchè le signore che hanno fatto le Walchirie alla Scala non si sono rifiutate di andare in giro per una scena buia piena di "cassette di frutta" con vestiti enormi con il rischio di rompersi una gamba? Quanto hanno preso 5.000 Euro ?? Ma il regista ne ha presi 500.000???

E il sig.Baremboim boim boim boim difendeva la cultura o il suo stipendio leggendo l'articolo della Costituzione??

Allora mandateli al loro paese, compresi quelli che per un Mosè fanno spendere 2.500.000 Euro!! E poi ho amici che hanno già sostenuto ruoli come Rodolfo, Alfredo, Almaviva con ottimi risultati che sono costretti a vendere le cialde per la macchinette del caffè per tirare a campare.
BASTA CON IL BINOMIO CULTURA = TEATRO ALLA SCALA!!
O tutte le altre enormi caverne cavernose nelle quali spariscono miliardi. Io sottoscritto, da oltre sei anni sto mettendoci del mio per potere fare "cultura". Ho riportato Cavalleria Rusticana nella mia città dopo 49anni che mancava. Ho portato al cinema l'opera da tre stagioni a gente che non l'aveva mai sentita prima. Ho fatto conoscere le Tre Chanson di Don Chisciotte di Ravel a chi mai ne avrebbe appreso l'esistenza. E non ho speso MILIARDI!
Questo secondo me è fare cultura, nessuno del mio pubblico andrebbe mai alla Scala più di una volta nella vita ma al cinema a vedere le opere in diretta ce li porto una volta al mese e si sono digeriti anche la Salome senza sottotitoli uscendone soddisfatti, dopo la preparazione adeguata all'ascolto.
Altro che GRANDI ENTI LIRICI. Tagliateli tutti i fondi a loro e dateli alle piccole realtà in mondo che anche in provincia si sappia che La donna è mobile non è lo spot di Pizza ristorante!!!
La Walchiria alla Scala con un palcoscenico DESERTO ma con solo quei cantanti sarebbe stata favolosa.
Amici opponetevi alla spreco, senza di voi non riusciranno a fare un c....volo!! Anche Giuseppe in Traviata serve!!
Opponetevi tutti allo spreco e viva il M°Antoniozzi e Viva sempre la MUSICA! http://www.concertodautunno.it

Segue la dichiarazione del M°Antoniozzi, pubblicata da Partito culturale il giorno domenica 9 gennaio 2011 alle ore 10.23
Diciamoci la verità, parliamo per una volta francamente anche a costo di beccarsi una bella querela e finire in tribunale.
Ci hanno preso, spolpato fino all'osso, si son mangiati il mangiabile e adesso abbandonano la carcassa. In prosa come in lirica.
Sono arrivati, si sono impossessati dei teatri, con la scusa del sostegno all'arte e alla cultura hanno messo i loro uomini (quasi sempre gente che col teatro non aveva nulla a che fare) alla testa delle programmazioni e delle assunzioni, hanno assunto chiunque volessero, hanno messo i loro protetti dietro un tavolo d'ufficio, i loro servi ai posti di combattimento, i loro portaborse alle direzioni artistiche.
Hanno svilito le professionalità presenti in teatro derogando la costruzione di scene e costumi a società terze, presumibilmente mangiandosi una fetta degli appalti (non ho le prove, ma non mi servono. Come diceva Pasolini: io sono un intellettuale, non un magistrato, non sta a me cercarle. Le cose le so perchè ho gli occhi che vedono e il cervello che tira le somme).
Hanno ridotto le sarte teatrali italiane a mere attaccatrici di bottoni e riparatrici di orli, i nostri macchinisti e scenotecnici a meri rifinitori di imperfezioni e schiacciolatori di cantinelle, facendo prosperare scenotecniche e sartorie esterne.
Hanno permesso a registi e scenografi e costumisti di usare i loro scenotecnici e sarti di fiducia, in alcuni casi fottendosene allegramente del fatto che alcuni di questi registi e scenografi e costumisti erano in partecipazione societaria con le società scelte.
Hanno commissionato scene e costumi a celebri artisti italiani (Pomodoro, Guttuso, De Chirico...) per poi esporli una volta e lasciarli marcire nei magazzini o dandogli fuoco per far spazio a nuovi stoccaggi.
Hanno strapagato, sì, strapagato cantanti lirici. Cinquanta milioni a sera per una Turandot che arrivava alla generale. Trenta milioni a sera per un Calaf che non portava a termine l'opera. Cinque milioni a sera per dire una frasetta. Io c'ero. Lo so.
Hanno permesso ad alcuni agenti senza scrupoli di fare il bello e il cattivo tempo, probabilmente anche in questo caso per personali tornaconti economici, se non per mera cecità e incapacità gestionale. In entrambi i casi, nessuna scusante.
Hanno assunto otto portieri per teatri in cui ne bastavano due. Dieci addetti stampa quando ne bastavano tre. Venti ragionieri quando ne bastavano cinque.
Hanno chinato il capo di fronte ad assurde richieste sindacali: decenni di indennità di trasferta per teatri senza sede perché in restauro trentennale, quando il teatro di ripiego era a cinquecento metri dalla sede naturale.
Hanno firmato il via libera ad allestimenti miliardari che non potevano in nessun modo essere ammortizzati. Sì, miliardari. Io c'ero. Lo so. Hanno coprodotto spettacoli inamovibili che in nessun modo avrebbero potuto esser portati in un altro teatro perché non si è tenuto conto delle specifiche tecniche.
Ci hanno saccheggiati, spolpati, ridotti all'osso. E adesso ci dicono "arrangiatevi".
La nostra colpa? Quella di aver taciuto. La nostra vergogna? Quella di aver, nei limiti del possibile, mangiato anche noi (ma se non altro noi stavamo facendo il nostro mestiere e obbedivamo alle leggi del mercato vigente). La nostra discolpa? Quella di esser stati sempre dei cani sciolti, che se avessero parlato sarebbero stati allontanati con una pedata, perdendo il lavoro. Chi ci ha provato, come me e altri come me, lo sa. Ancora ricordo la risposta : "Voi avete ragione, ma tenete conto che se insistete su questo punto non metterete mai più piede in questo teatro".
E anche adesso, non mollano. Vogliono anche il midollo. Non se ne vanno.
E noi, noi artisti, noi tecnici, noi registi, noi macchinisti, noi artisti del coro, noi elettricisti, noi sarte, noi professori d'orchestra siamo costretti a cercarci lavoro altrove o ad inventarcene un altro perché non solo non ci finanziano, ma non si inventano uno straccio di soluzione politica, una legge che ci consenta di far bene e senza sprechi il nostro mestiere.
Non se ne vanno. Piuttosto chiudono i teatri. Piuttosto li lasciano marcire. Ma non se ne vanno. Non se ne andranno mai.
E ancora adesso, abbiamo paura di parlare e di far fronte comune. Comune. Insieme a tutti quelli che lavorano in teatro e che di teatro sono appassionati.
Continuiamo pure ad aver paura. Presto, non ci sarà più nessuna ragione di preoccuparsi di perdere il lavoro: ci avranno costretti da tempo a trovarcene un altro.
Facciamo casino, ragazzi, tutti insieme. Riprendiamoci i nostri teatri, riprendiamoci il nostro mestiere, riprendiamoci la nostra vita.
ALFONSO ANTONIOZZI