IN BATTISTERO UNA COLONNA DI FUMO
Tra effluvi di incenso, Giagnoni e Barbaglia nel quarto incontro sul Cantico dei Cantici
«Che cos’è che sale dal deserto, simile a colonna di fumo, profumata di mirra e di bianco incenso…?», legge Lucilla Giagnoni. E una nuvola di denso fumo aromatico si solleva, la sera del 30 marzo, nel Battistero del Duomo di Novara, dal braciere su cui don Silvio Barbaglia versa l’incenso nel quarto incontro dedicato alla lettura e al commento del Cantico dei Cantici. Un’usanza della liturgia cristiana, mutuata dalle celebrazioni del Tempio, la “casa” che Salomone ha costruito per il Dio di Israele nella città di Gerusalemme secondo la profezia rivolta a suo padre, il re Davide: «… Susciterò un tuo discendente dopo di te, uno dei tuoi figli, e renderò stabile il suo regno. Egli mi edificherà una casa... Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio». Ed è lui che ora avanza verso la città santa, trasportato da sontuosa lettiga, nel giorno delle sue nozze. Ne danno l’annuncio i custodi, chiamando a raccolta le figlie di Sion. Ma egli non ha occhi che per lei, la sua amata, che scruta attraverso i veli, descrivendola con ardite e vivaci metafore. Un’eccitazione dei sensi che riecheggia il Salmo 45, in cui la sposa è condotta al re, invaghito dalla sua bellezza. «Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio: dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre», la invita il salmista, secondo il costume che in Israele vede la donna essere accolta come figlia nella casa di lui. Ma nel Cantico l’amplesso amoroso si consuma nella casa di lei. «Giardino chiuso tue sei, sorella mia, mia sposa», la chiama l’amato. Essa è donna Sapienza, che Salomone – accolto da Dio come figlio – impara ad amare come sorella e a desiderare come compagna. «È lei che ho amato e corteggiato fin dalla mia giovinezza, ho bramato di farla mia sposa», confida sedotto. «Venga l’amato mio nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti», lo invita l’amata. «Mangiate, amici, bevete; inebriatevi d’amore», risponde lui, nell’abbraccio amoroso.
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