A COSA SERVE KIPPUR
"A cosa serve digiunare a Kippur"? Mi chiede un collega musicista. Non so se fare Kippur debba per forza servire a qualcosa, ma mi sembra di dovergli rispondere. Gli spiego che digiuniamo per riflettere meglio. Mi dice che lui penserebbe solo a mangiare. Io replico che è normale, perché i musicisti , a causa dei loro ritmi lavorativi squilibrati, pensano sempre a mangiare,; ciò vale anche per gli ebrei anche, e non solo a Kippur. Per un ebreo musicista quindi le cose sono doppiamente complicate. Ma, al di là di questo aspetto, io ritengo possibile che, fra un'ondata di fame/sete e una di debolezza, il digiuno permetta di meditare in un modo più lucido, come insegnano le culture orientali di cui l'ebraismo fa parte. Il mio interlocutore però non è soddisfatto, e mi chiede: "Ma poi, su cosa dovremmo meditare?". Ritengo si possa meditare su molte cose, ma eccone una possibile.
Nella lunga giornata di Kippur, fra le varie letture bibliche, una in particolare è a mio avviso degna di nota, quella del libro di Giona, che non a caso viene letto verso la fine del digiuno.
In questa narrazione biblica, la Trascendenza ordina a un uomo di nome Giona di recarsi a Ninive, la capitale assira, e convincere gli abitanti a pentirsi della loro condotta, altrimenti la città sarà distrutta. Giona invece fugge in nave, viene poi gettato in mare, inghiottito da un pesce, ma finirà per svolgere comunque la sua missione. Contro ogni aspettativa, gli assiri lo ascoltano, si pentono, proclamano un digiuno di espiazione, e vengono risparmiati. Ma Giona è molto arrabbiato per questo pentimento, perché egli desiderava la punizione di coloro che per lui sono solo degli empi. E il libro si chiude su questa sua incapacità di accettare che le cose vadano diversamente dalla sua idea della giustizia.
La scelta del contesto non è casuale. In epoca biblica gli assiri erano fra i peggiori nemici di Israele, e immaginare di intercedere per il loro perdono era quanto di più inimmaginabile. Eppure Giona viene chiamato per fare proprio questo. La ragione per cui egli dapprima fugge e poi non vuole accettare che gli assiri siano perdonati, è che essi riescono, in un tempo molto breve e con grande efficacia, a fare quello che gli ebrei non sono riusciti a fare dopo secoli di moniti da parte dei numerosi profeti che a loro si sono rivolti. Per Giona questo è francamente inaccettabile. Paradossalmente quindi, nel libro di Giona l'etica ebraica è incarnata soprattutto dai nemici, dai "cattivi" della storia, che si rivelano in grado di fare un esame di coscienza profondo e sincero.
Il fatto che i Maestri dell'ebraismo abbiano scelto di leggere questa narrazione, in un giorno di introspezione profondamente ebraica, mi sembra un modo eloquente di ricordare che non è tanto in quanto ebrei che ci volgiamo verso la Trascendenza, ma prima di tutto come umani fra gli umani, al di là delle differenze. Perché le porte dell'ignoranza e del pregiudizio sono aperte a tutti, e Giona, il profeta ebreo, non appare immune da questi mali così umani. Ma le porte del Ritorno, detto in ebraico Teshuvà, sono e dovrebbero rimanere aperte a tutti.
Perché gli esseri umani possono talvolta sorprenderci, in un senso o nell'altro. Talvolta pur possedendo sulla carta tutto il necessario per rimanere aperti, scelgono di chiudersi e di irrigidirsi interiormente, in altri casi invece sanno sviluppare in maniera inaspettata una facoltà di crescita e di ascolto che mai avremmo potuto immaginare.
Kippur può servire anche a questo, a ricordarci di lasciare agli esseri umani la possibilità di sorprenderci. Quella possibilità che Giona non voleva concedere agli assiri, a nessun costo.
E noi, sapremo concedere questa possibilità a chi crediamo di conoscere così bene, o a coloro che incontriamo sulla nostra strada, e che siamo così impazienti di catalogare e rinchiudere in categorie e definizioni semplici e rassicuranti?
E soprattutto, saremo in grado di aprire questa porta a noi stessi, pur sapendo quanto questo sia rischioso?
A tutti noi l'augurio di essere confermati in una vita ricca di possibilità di sorprendere, e di lasciarci sorprendere.
חתימה טובה תזכו לשנים רבות
Rabbino Haim Fabrizio Cipriani
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FABRIZIO HAIM CIPRIANI
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